James Holden – Imagine This Is a High Dimensional Space of All Possibilities

James Holden – Imagine This Is a High Dimensional Space of All Possibilities

Se ci seguite, sapete già quanto apprezziamo l’opera di James Holden. Nella nostra recente classifica che raccoglie il meglio dell’elettronica post 2000, abbiamo riservato un posto tra i primi venticinque a Balance 005, da molti considerato (a ragione) il miglior DJ mix di tutti i tempi. Riassumere la lunga carriera del producer inglese con un solo progetto, tuttavia, è sia ingeneroso nei suoi confronti sia soprattutto fuorviante per chi volesse realmente farsi un’idea di come suona la sua musica.

I vari tasselli che compongono la sua discografia rivelano un’entità artistica in costante evoluzione, anche a costo di contraddire le sue stesse idee. Mettete su il remix di “The Sky Was Pink” di Nathan Fake. Si tratta ancora oggi di un brano pazzesco, capace di trasfigurare il sognante pezzo originale in una cavalcata epica. Eppure Holden è arrivato addirittura a rinnegare quella fase della sua vita. È arrivato ad odiare la cassa dritta della techno, a fuggire dal clubbing per lanciarsi in una più profonda ricerca spirituale. Ma allora, cosa aspettarsi oggi da un suo nuovo album? Avrebbe perseguito la dimensione psichedelica e jazz del progetto Animal Spirits, o si sarebbe rimangiato ancora una volta tutto tornando a sorpresa ai loop minimali di The Idiots Are Winning?

La risposta forse è da ricercare nelle dichiarazioni che l’autore ha disseminato nel presskit di questo Imagine This Is A High Dimensional Space Of All Possibilities, alludendo ad un ideale incontro con il se stesso del passato. All’interno della sua cameretta in un piccolo villaggio del Leicestershire, il giovane Holden (si perdoni la prevedibile citazione) si sintonizzava sulle radio pirata sognando un giorno di poter evadere da quella piccola realtà e partecipare ai rave. Nella sua fantasia adolescenziale, il rave si configura come una grande allucinazione collettiva, basata sul potere trasformativo della musica.

Manca in questa visione il coinvolgimento puramente fisico, manca la cultura della ribellione ed il sottotesto politico dei rave. Ad Holden non interessa riaffermare la loro rispettabilità, non combatte contro il Criminal Justice and Public Order Act come gli Autechre di “Flutter”. Il rave qui rappresenta qualcosa di più puro, dai risvolti onirici, e le strane figure che vengono rappresentate sull’artwork restituiscono proprio l’idea di una comunione spirituale che porti verso mondi nuovi, alieni, da scoprire o anche solamente da immaginare. Questa comunicazione col proprio passato spinge il produttore inglese a sfidare le sue idiosincrasie verso la musica da ballo e verso pianoforte e violino, due strumenti che ha sempre saputo suonare ma non ha mai inserito nei suoi dischi.

In questo senso, tutto l’album può essere visto come una summa ideale del suo percorso, ed il singolo d’apertura “Contains Multitudes” è il perfetto biglietto da visita, con un’apertura che rimanda all’epoca d’oro degli Orbital prima di trasformarsi in una meditazione new age grazie anche all’intervento del sodale Camilo Tirado e della sua tabla, che contribuisce insieme all’uso di pianoforte e violino a dare al pezzo una struttura organica e multiforme. La presenza di Tirado non è casuale, e tantomeno lo è l’uso di una strumentazione così composita.

Holden è ormai un musicista esperto, che sa fare tesoro dell’esperienza Animal Spirits per dare una dimensione tridimensionale alle tracce, riguardandosi però alle spalle recuperando anche quei battiti che provengono dal suo background techno e microhouse. La sensazione di chill out e le suggestioni new age portano molti critici a tirare in ballo nomi come KLF e Popol Vuh tra le influenze di questo lavoro, ma per quanto esse siano innegabili i brani qui presenti sono frutto di una sofisticata ricerca musicale che l’autore ha saputo coltivare negli anni con un piglio assolutamente unico e personale.

“You Can Never Go Back” è la chiusura della festa. È l’alba e stiamo ancora ballando, le luci stroboscopiche si confondono ormai con i primi timidi raggi di sole e con il cervello annebbiato da chissà quali sostanze psicotrope ci lasciamo andare ad una riflessione sull’esperienza appena vissuta, fantasticando viaggi ancora più incredibili mentre le ultime percussioni si spengono in dissolvenza. Straordinario.