8 Maggio 2023
Al di là dei luoghi comuni, pochi generi hanno saputo reinventarsi e andare costantemente al di là della loro versione primigenia come il black metal. Tra i vari innovatori che negli ultimi vent’anni hanno contribuito a ridefinire un idioma all’apparenza così grezzo, la figura di Haela Ravenna Hunt-Hendrix spicca con prepotenza. Bisogna tornare al 2011, quando Aesthetica sconvolse gli ascoltatori con un sound esplosivo, memore del minimalismo di Glenn Branca e delle avanguardie post metal degli anni precedenti, e con una raccolta di brani di rara intensità.
La visione musicale dei Liturgy veniva riassunta da un vero e proprio manifesto programmatico, dove si parlava della dimensione trascendentale del black metal e della sua funzione di annilichimento estatico, e si prospettava la sostituzione del vetusto blast beat con il burst beat, che si contrae e “respira” per conferire maggiore dinamicità al sound. È evidente che, in mezzo a qualche frase un po’ cringe, quel manifesto rappresentava con grande precisione le coordinate musicali entro le quali si muoveva la band statunitense. Sono passati ormai più di dieci anni, e tante cose sono cambiate, a partire dalla stessa Haela, che ha attraversato un percorso per affermare la sua nuova sessualità. In mezzo ci sono stati dischi di grande valore come H.A.Q.Q. ma anche creazioni nelle quali forse la tendenza di sperimentare soluzioni eterogenee ha preso un po’ la mano al complesso.
93696, a partire dalla mastodontica lunghezza, si prefigura fin da subito come il compendio dell’opera dei Liturgy, e come tutti gli album di questo tipo presenta anche dei difetti. Non si può non riconoscere infatti come alcuni degli intermezzi, per quanto finemente pesanti e realizzati con l’intento di arricchire l’esperienza, finiscano in alcuni punti per appesantire un po’ l’ascolto integrale interrompendo un po’ il flusso. Eppure, toglierli vorrebbe dire sporcare inevitabilmente il quadro che Haela ha deciso di dipingere sotto i nostri occhi, e che è un’opera di assoluto valore. Perché 93696 vuole essere totalizzante, e ci riesce, soprattutto nei quattro lunghi brani che dominano le rispettive sezioni.
Tutti i marchi di fabbrica che abbiamo apprezzato nelle opere precedenti, dall’uso dei glitch al ricorso a strumenti come archi, fiati, pianoforte e glockenspiel vengono qui ricombinati spingendoli all’estremo delle proprie possibilità, rifuggendo al contempo quegli eccessi che avevano in parte reso insoddisfacenti alcune uscite precedenti. Non spaventi il minutaggio eccessivo, dunque, perché in mezzo alla devastazione della title track o del mozzafiato tour de force di “Antigone II” ogni minuto è funzionale alla narrazione, a quell’idea di black metal trascendentale che HHH ha saputo proporre in modo così ostinato negli anni. Forse mai abbiamo assistito ad uno screaming così viscerale da parte sua, e le sue parti chitarristiche suonano ancora più ispide e violente che in passato. Non è casuale nemmeno la collaborazione con Steve Albini, che enfatizza alcune soluzioni ritmiche con la sua ormai caratteristica produzione.
Non ci è dato sapere se questo album sia il canto del cigno del progetto Liturgy, se Haela deciderà di spingersi verso nuovi orizzonti da solista abbandonando definitivamente quel black metal che ormai sembra starle stretto, o se oppure continuerà imperterrita nella sua opera di devastazione sonora. Quello che è certo è che questi 82 minuti di delirio la impongono definitivamente nell’Olimpo del metal contemporaneo, aggiungendosi ad Aesthetica ed H.A.Q.Q. in una discografia ormai essenziale. Lasciatevi annichilire.