JPEGMAFIA x Danny Brown – SCARING THE HOES

JPEGMAFIA x Danny Brown – SCARING THE HOES

Come si è arrivati a maturare (mantenere, ad essere sinceri) aspettative elevate verso una collaborazione il cui annuncio tardava sempre più ad arrivare? JPEGMAFIA si presentava all’appuntamento reduce dal miglior tassello della sua ancora giovane carriera, mentre su Danny Brown venivano poste maggiori attenzioni a causa dell’impronta lasciata da Atrocity Exhibition, capolavoro a cui il rapper di Detroit non ha ancora saputo dare un degno seguito. Piccolezze anche agli occhi degli scettici, che non se la sono sentita di mettere pressioni smodate a due delle menti più geniali dell’hip hop contemporaneo, consapevoli che le attese sarebbero state ripagate a tempo debito.

Matrimoni del genere sono spesso il frutto di una manciata di hit attorno a cui si decide di assemblare un LP che non tiene conto dei requisiti richiesti dalla lunga durata. SCARING THE HOES li soddisfa eccome, regalando un’esperienza d’ascolto scorrevole e capace di procedere tutto sommato senza intoppi sino alla coda; qui la stanchezza risulta comunque comprensibile, dato che le migliori cartucce erano state sparate senza sosta in precedenza. Sono infatti parecchie le hit presenti lungo la scaletta, ma l’ottima title track e la blasfema “God Loves You” sembrano le più adatte ad avvicinarsi ai picchi delle carriere dei due.

Va detto che l’alchimia tra i due non è sempre eccellente, e quando ciò accade le “colpe” sono da attribuire alla scarsa adattabilità di alcune produzioni al timbro vocale di Danny Brown, fattore che va a spezzare la fluidità di alcuni brani. La conseguenza, anch’essa negativa, è che JPEGMAFIA finisce con l’occupare un minutaggio troppo ampio, causa della scarsa armonia di determinate sezioni.

SCARING THE HOES accennava già dal titolo intenti più vicini al divertissement che alla volontà di incidere un disco capace di plasmare il genere e settarne nuovi standard. Da qui nascono due scuole di pensiero: chi si mangia le mani per l’occasione sprecata e chi è in grado di scovare oro dove di esso non vi è traccia. A prescindere dallo schieramento, la prima opzione non rende giustizia alla qualità espressa in questa abbondante mezz’ora di musica, da cui forse, tuttavia, ci si è fatti ammaliare più del dovuto data la pochezza offerta dal genere in questo scorcio d’annata. La verità, come spesso accade in questi casi, sta nel mezzo: si tratta di un disco assolutamente valido, a cui forse si potevano chiedere ambizioni diverse, ma non si esclude un prossimo futuro in cui tale ipotesi possa diventare realtà.