15 Aprile 2023
Radical Romantics è il terzo disco firmato Fever Ray, l’alias con cui Kerin Dreijer Andersson continua a produrre musica, mentre continuiamo a provare a digerire interamente quella mattonata di Shaking The Habitual dei Knife.
Gli manca un po’ del fascino dark che aveva con l’esordio, e anche della profondità di pezzi come “Mustn’t Hurry” e “To the Moon and Back”, ma nonostante la copertina e sebbene sembri un LP ancora più sclerato e in-your-face, le sue canzoni non hanno certo l’obiettivo di causare una banale reazioncina del tipo “first reaction: shock”.
Tra queste il singolo “Shiver”, che per quanto danzereccio, non te ne accorgi, ma non ha nemmeno un ritornello, l’iniziale “What They Call Us” – un pezzo che sa di comfort zone e che poteva stare benissimo pure in Silent Shout dei Knife, e che d’altronde è scritta assieme al fratello Olof – e certamente “Kandy”, con le sue vibrazioni e tonalità gravissime che raramente una voce femminile riesce a raggiungere con simile espressività.
Come di consueto per tutte le produzioni a cui mette mano Karin, in Radical Romantics gli arrangiamenti sono sinistri e punteggiati da testi minacciosi, a tratti perfino scabrosi, pericolosi, impavidi. I doppi sensi sono consuetudine nell’ultimo corso della Dreijer, almeno dal precedente Plunge.
Piace di meno “Even It Out”. Soprattutto non se ne coglie il senso se non per l’obiettivo commerciale della collaborazione con la pluripremiata ditta americana Reznor-Ross. Il carattere del progetto Fever Ray viene fuori quando è puramente creazione made in Sweden. Meglio in caso l’altro brano della partnership, ovvero “North”, forse perché meno riconoscibili i contributi scuola Nine Inch Nails.
L’altra traccia che emerge e si distingue dal lotto con gli ascolti è “Tapping Fingers”, in cui non fosse per l’inconfondibile voce di Karin, potremmo essere all’interno dell’evoluzione non ancora riuscita dei Depeche Mode. Il risultato a cui chi vuole provare a fare dark electro pop oggi dovrebbe mirare.
Perché in conclusione quando si ascolta Fever Ray, si ascolta musica di quel genere, ai massimi livelli di intensità mai prodotti, con suoni riconoscibilissimi e una poetica deviata tutta sua. Robyn, Austra, Zola Jesus, parzialmente il Thom Yorke solista, James Blake, solo questi artisti e pochi altri riescono a tenere il passo della Dreijer, e con un disco come Radical Romantics, Fever Ray può ormai essere considerato un progetto della stessa solidità dei Knife, dei quali sogniamo ancora un nuovo ritorno…