25 Novembre 2018
“Enjoy it while it lasts because soon it will be different”. Merrie Land, il secondo disco del combo The Good, The Bad & The Queen, è dedicato al tema della Brexit, ed è quindi più attuale che non si può. Damon Albarn ha messo in piedi una decina di pezzi i cui testi sono tutti da spulciare tanto sono pieni di citazioni, riferimenti storici e topografici che probabilmente solo chi conosce profondamente l’Inghilterra che al referendum ha votato sì all’uscita dall’Unione Europea può cogliere.
Se i Gorillaz sono un progetto freak e dedicato all’entertainment, questo supergruppo è certamente più adulto ed intellettuale, e, di conseguenza, sa in partenza di non poter sbancare al botteghino.
Lui ha meno voce di un tempo, perché è inutile nascondersi dietro un dito: per quanto ancora stilosissimo, il nostro non riesce più a lanciarsi in ritornelli melodici come ai vecchi tempi. Si parla erroneamente di Parklife o di Modern Life Is Rubbish per inquadrare questo album, come se ne fosse un seguito ideale. In realtà le canzoni hanno davvero poco, se non nulla di quei Blur: a parte qualche spruzzata di mellotron e farsifal che la fingono giocosa, la musica è troppo oscura e differente da quella di quei due tomi che hanno fatto la storia del brit pop, anche perché l’unione di strumentisti straordinari come Tony Allen (settantottanni e non sentirli, incredibile) e Paul Simonon in particolar modo, convergendo con le melodie di Albarn e le note a pie’ di chitarra di Simon Tong (un puntellatore più che un chitarrista), dà un risultato estremamente distante da quanto Damon poteva produrre in gioventù Alex James, Graham Coxon e Dave Rowntree. La musica dei The Good, The Bad & The Queen è un tardo English folk che trasuda preoccupazione sociale e humor nervoso, ed è in chiara colleganza con l’omonimo primo LP, che sicuramente aveva meno prominente il ritmo di cui è capace Allen, ma che ora con l’uscita di Merrie Land acquista un suo maggiore senso.
Se poi la similitudine è sentita solo per via del fatto che Albarn è tornato a cantare di tematiche prettamente inglesi, allora dobbiamo ricordare che in questo caso non sta raccontando storie londinesi, del Dover o del caro Essex, ma ricordi e visioni dalla provincia che ha voluto la scissione. È lui che va a Blackpool e nelle contee più distanti dalla capitale, dove magari non è stato così amato ai tempi in cui veniva visto come rivale dei Gallagher, perché troppo (presunto) upper class e appunto londinese. È andato a capire la scelta di voler uscire dall’Unione Europea laddove la gente non stava dalla sua parte negli anni Novanta. Altro che Parklife quindi.
“Look what we have done” recita il coro di pupazzi – che nei video sembrano dei personaggi possibili in un film di Dario Argento – in “The Truce of Twilight”, uno dei momenti più importanti dell’album. Altro vertice è la successiva “Ribbons”, tanto bella quanto prevista, anche alla luce delle recenti composizioni per i Gorillaz. In generale la produzione di Visconti è davvero azzeccata. Fosse stata meno pulita, forse si sarebbe perso qualcosa, perché questo è già un disco contorto e oscuro di suo. Anche con una levigatura così evidente, non ci sono brani memorizzabili dopo pochi ascolti.
C’è da immaginare che la critica britannica vorrà applaudire Merrie Land nelle opportune forme e sedi, un po’ come ha fatto per Let England Shake di PJ Harvey, invero il disco che, tra le fotografie di guerra, invece celebrava l’unicità dello spirito puramente inglese e prendeva le distanze da noialtri maledetti europei. Damon Albarn non dà risposte, ma pur provando ad ambientarsi nel contesto da cui è nato l’incredibile voto di uscita, lancia ammonizioni, versi sarcastici e inquietanti al Regno Unito tutto, compresi gli innocenti Galles, Scozia e Irlanda del Nord.
Nella sua mancanza di hit, ci comincia a piacere molto lo stile di The Good, The Bad & The Queen. Sembra una di quelle che band troppo mature per farti l’albo che ti cambia la vita, ma che può farne uno come Merrie Land in grado di accompagnarti per una sua stagione, a cui tornerai di tanto in tanto, ricordandone i temi e le sensazioni vissute. Non è poco, non è da tutti. Ci sarà mai un seguito?