5 Novembre 2020
È complicato non cadere in qualunquismi mentre si analizza la carriera di un pilastro contemporaneo come Daniel Lopatin, perciò eviterò di cospargere queste righe di considerazioni trite e ritrite sul suo percorso. Ripercorrere dal principio il suo genio non è l’obiettivo che si pone questa recensione.
L’autocelebrativo titolo, l’ottimo singolo “Long Road Home” e le recenti collaborazioni con beniamini del grande pubblico come The Weeknd erano la prova, più che l’indizio, del suo interesse in costante crescita verso il formato canzone e l’attitudine pop. Certo, per passare da Garden of Delete a un disco come questo ci vuole un processo graduale e, colonne sonore a parte, qui Age Of svolge un ruolo cruciale. L’utilizzo canonico del cantato pareva un’assurdità fino allo sbocciare dello scorso lavoro in studio. Magic Oneohtrix Point Never va quindi inquadrato sia come una versione riuscita dello spettrale predecessore, sia come il compendio delle personalità di Lopatin.
LP a due facce, nella prima metà si lascia andare ad un pop quasi sfacciato se consideriamo i trascorsi dell’artista. La sopracitata “Long Road Home” non è un episodio isolato, viene bensì accompagnata dalla vivace e allo stesso tempo malinconica “I Don’t Love Me Anymore”. Ma c’è di più. Avete presente la tipica traccia assai ‘80s strabordante di sintetizzatori che vi culla nella notte? Ecco, “No Nightmares” è il suo moderno equivalente, ovvero quanto più diretto un pezzo targato OPN possa essere.
Messa finalmente da parte la disumana pratica del track-by-track, la magia contenuta nel titolo acquista un significato più profondo una volta addentratisi nella seconda regione del progetto, dacché si torna alla giocosità di R Plus Seven in chiave nostalgica. Sezione spinosa che avrebbe potuto generare qualche grattacapo anche ad un compositore così affermato, in realtà non scade nel mero citazionismo, anzi, brilla di luce propria e si lascia apprezzare particolarmente quando suona quasi commovente. A tal proposito, “Lost But Never Alone” potrebbe essere il momento più interessante del nuovo Lopatin.
“Together, Human” recita “Shifting”, mentre la puntina è ormai prossima a staccarsi dal vinile; un’ammissione di nuovi intenti che vuole separarsi in modo apparentemente definitivo dalle prove aliene (non solo qualitativamente) a cui il nostro ci aveva abituati. Magic Oneohtrix Point Never è terrestre, e non per aver perso la sperimentazione di un tempo, ma perché si immerge dove possibile nell’orecchiabile.
Il voto in cima non vuole avere la presunzione di bollare numericamente un lavoro che necessita di ripetuti ascolti per essere decifrato a pieno – forse perché con lui premendo play le aspettative sono già nell’esosfera, o più semplicemente perché si tratta dell’ennesimo centro, seppur non esente da difetti – piuttosto tenta di racchiudere l’opinione di chi scrive e il reale valore del disco, senza necessariamente confrontarlo coi picchi di una discografia in grado di intimorire non pochi ascoltatori novizi.
Ho cercato di vedere il bicchiere mezzo vuoto ma non ne sono stato capace, perché se le tracce cominciano a incastrarsi nel modo giusto come pezzi di un puzzle da riordinare e finiscono per suonare come dovrebbero, non c’è appunto che tenga. Bravo, ancora una volta.