26 Agosto 2016
È tempo di affrontare il discorso synthwave una volta per tutte. L’uscita della serie più amata e odiata dell’estate 2016, Stranger Things, è stata la leva che ha finalmente azionato l’ingranaggio. Commentando la sua OST avevo sottolineato come andare alla ricerca di un sound eighties e synth-driven non fosse un’operazione sufficiente ad appagare le voglie lasciate in sospeso dal tema di apertura della serie. Ecco, in realtà non era esattamente così, visto che le radici della questione affondano in tempi relativamente remoti.
Cos’è la Synthwave
La synthwave, detta anche retrowave, sembrerebbe viaggiare di pari passo con il glo-fi/chillwave che ben conosciamo, ma possiamo operare una distinzione abbastanza netta tra queste etichette. Gli anni ‘80 rappresentano un evidentissimo punto di contatto, ma dove la chillwave è un’estate disegnata con suoni stropicciati a bassa definizione, la synthwave contempla la notte in tutte le sue forme a colpi di nitidi synth lead. Il concetto può poi venire formalizzato in maniera molto romantica e zuccherosa quanto in modo tremendamente cafone, ma è quando si trova il giusto equilibrio che se ne riesce ad ammirare il fascino senza vergognarsi di se stessi. Da notare che il termine synthwave era già in giro per individuare produzioni lo-fi vicine a post punk e darkwave, ma a questo punto Internet potrebbe decretarne la morte per sovrapposizione con la retrowave. Se ci sono di mezzo automobili, allora si chiama outrun, come il vecchio videogame arcade.
Possibili punti di partenza
È bene iniziare il viaggio avendo qualche punto di riferimento. Ricordate una delle prime scene di Drive, il film di Nicolas Winding Refn del 2011, quella appena successiva al primo lavoretto? Il pezzo era “Nightcall”, versione Kavinsky, e l’atmosfera è esattamente quella che la synthwave vuole creare.
Nella soundtrack di Drive si incontravano anche i Chromatics e gli Electric Youth. Nel 2012 ci eravamo appassionati al sound di Kill for Love che come album aveva il difetto di essere veramente troppo lungo, ma il fascino dei suoi pezzi più pregiati era notevole. Avevamo poi parlato tantissimo di Innerworld, uno dei nostri preferiti del 2014, e potremmo azzardare che nello stesso anno avevamo rintracciato qualche elemento anche in It’s Album Time di Todd Terje (“Delorean Dynamite” anyone?). Per gli appassionati di videogame, e in particolare di videogame indie, le soundtrack e l’immaginario visivo dei due Hotline Miami sono un must.
Cosa funziona e cosa non funziona
A chi è piaciuta la chillwave piacerà quasi sicuramente anche la synthwave. Il fattore nostalgia funziona anche quando i ricordi sono del tutto immaginari, altrimenti non si spiegherebbe l’esistenza di sedicenni che sentono la mancanza di Jim Morrison. Inoltre è musica così spudoratamente devota al passato che parlare di revival ha ancora meno senso di quando lo si faceva per gli Interpol. La pretesa di creare prodotti altamente innovativi non esiste e questo stesso discorso va già oltre gli intenti del movimento.
La synthwave vuole solo smuovere emozioni e creare ricordi, fa leva su ciò che un tempo ci rendeva semplici. Come eravamo prima dei Nirvana, prima della diffusione del mito di Ian Curtis, prima che intraprendessimo un viaggio senza ritorno su una certa spirale, prima che il muro di suono di Loveless alzasse in maniera irrimediabile l’asticella delle nostre pretese qualitative. Non c’è modo di tornare indietro, ragazzi, se non quello di abbracciare cose del genere quando ci capitano.
Il problema reale, in questi casi, è che le perle sono veramente poche e bisogna avere la fortuna di trovarle. Se non si apprezza il lato più trash di questa musica, ovvero quello che sfocia nelle tamarrate più becere, si sta praticamente scartando un buon 80% di tutto ciò che si riesce a rintracciare. Il synth ignorante ci piace, ma esistono dei limiti invalicabili. (Anzi, invalicabili solo se qualcuno ci sta guardando, ma non ditelo a nessuno, okay?)
Cosa ascoltare
Per gli appassionati del formato album, una delle uscite più fruibili sulle frequenze synthwave è stata pubblicata da pochissimo: Soulless Computer Boy and the Eternal Render di Trevor Something. Il punto di forza del disco è che si può ascoltare dall’inizio alla fine senza traumi, inoltre ha quel vago sentore di TRST che fa molto felice il sottoscritto, ma questa è una considerazione molto personale.
Per i coraggiosi che hanno voglia di assaggiare nomi diversi, avevo inizialmente raccolto in una playlist tutto ciò che a pelle mi era piaciuto, per poi calare l’ascia del buon gusto dimezzandone in pratica la durata. La playlist include le performance di Kavinksy, Trevor Something, Electric Youth, Carpenter Brut, Perturbator, Lueur Verte, Jordan F, Nightcrawler, Chromatics e un Disasterpeace di circostanza (dall’horror It Follows). Ma la vera chicca è questa: “Black Sun on the Horizon”, firmata da GUNSHIP e Martin Grech. Sì, il nostro Martin Grech.
Altri nomi non inclusi: Com Truise, Dynatron, Betamaxx, Le Cassette, Arcade High, Lazerhawk, Mitch Murder, Miami Nights 1984, Magic Sword, Lost Years, Das Mörtal. Cercateli a vostro rischio e pericolo, assicurandovi di non essere pedinati. Goodnight.