17 Dicembre 2021
Una raccolta di uscite di musica elettronica che ci eravamo persi per strada in questo interminabile 2021 che, quando presto faremo i (reso)conti, rivelerà di essere stato un anno pieno zeppo di pubblicazioni di grande valore su quasi tutti i fronti. Proveremo in questo senso a rendicontare con una playlist l’annata che è stata sul fronte elettronico. Intanto ecco una manciata di musica che vi invitiamo a provare come vi è più comodo fare.
aya – im hole. La Hyperdub forse non spicca in quanto a costante reclutamento di nuovi prodigiosi artisti, eppure le occasioni in cui azzecca fanno parecchio rumore. Aya, producer al momento residente a Londra, sfrutta l’esordio per dare sfoggio delle sue produzioni innovative al punto da disorientare l’ascoltatore in più frangenti, trascinandolo in un percorso di decostruzione delle ritmiche appartenenti a scene tendenzialmente discoste, come grime e IDM. Sembra di fare un salto nel vuoto, e nel tentativo di guardare indietro gli unici sprazzi di linguaggio udibili in lontananza sono dati dall’aura glitch che avvolge i beat. Insomma, ad ambientarsi si fa un po’ di fatica, ma una volta presa confidenza col contesto ci si rende conto delle sue potenzialità. 78/100
Christian Löffler – Parallels: Shellac Reworks By Christian Löffler. Senza un cenno da parte di un utente del nostro forum, cui siamo grati per averci svegliati dal torpore di inizio anno, probabilmente l’albo in questione sarebbe passato in sordina. In collaborazione con la Deutsche Grammophon, Christian Löffler applica la morbidezza del suo intendere l’ambient techno a composizioni di musica classica risalenti ai secoli scorsi. L’operazione può dirsi pienamente riuscita, perché l’elettronica malinconica del tedesco non perde in quanto ad emotività e, anzi, trae giovamento dall’incontro con un universo all’apparenza così distante. Più che soffermarci sui picchi – come ad esempio “Moldau”, egregia rielaborazione di una sinfonia ceca – invitiamo ad un attento ascolto del lavoro nella sua interezza, data l’eleganza delle composizioni. 79/100
Darkside – Spiral. L’ultima chiamata ricevuta da Nicolas Jaar e Dave Harrington risale a un anonimo autunno di otto anni fa, periodo dove assistemmo allo sbocciare di Psychic. Il nuovo Spiral, giunto in modo inaspettato, conserva l’intenzione di voler suonare come una contaminazione di generi (con la psichedelia a fare da collante) capaci di incontrarsi a metà strada senza prevaricarsi a vicenda. Sebbene al disco non si possano appuntare critiche relative agli arrangiamenti o alla coerenza del percorso intrapreso dal cileno nell’ultimo periodo, a mancare – e, di fatto, a renderlo meno memorabile – è con tutta probabilità lo scomodo paragone col predecessore, il cui effetto sorpresa lo rese un caso discografico così acclamato nell’annata in cui vide la luce. Sicuramente un LP da recuperare, peccato per quanto sopraelencato e per un uso delle linee vocali che in alcune occasioni preclude l’apprezzamento dei paesaggi sonori evocati. 75/100
Holy Other – Lieve. Nove anni sono un arco di tempo relativamente lungo, capace di portare anche involontariamente a cambiamenti di qualsivoglia tipologia. Dopo aver contribuito a fare le fortune della Tri Angle Records e della witch house, Holy Other conserva alcune delle atmosfere spettrali che gli avevano consentito di imporsi come uno dei nomi da tenere d’occhio all’inizio dello scorso decennio, cercando di introdurre elementi di novità che però faticano a prevalere sulle influenze già citate. La manciata di singoli anticipatori rimane il nucleo attorno a cui ruota un disco un po’ povero di inventiva per giustificarne l’attesa, che tuttavia non va ad intaccare la fama del britannico. Per la prossima apparizione, però, sarebbe opportuno concentrarsi maggiormente sulla concretezza del canovaccio. 68/100
Loraine James – Reflection. Tra i nomi più interessanti dell’elettronica contemporanea c’è sicuramente quello di Loraine James. Un paio di anni fa il suo “For You And I”, uscito per la Hyperdub di Kode9, aveva attirato molte attenzioni, capace com’era di interpretare e rielaborare varie correnti della scena electro britannica in maniera fresca e personale. Questo nuovo album conferma l’eclettismo della giovane producer, che non ha paura di inserire nella sua musica le influenze più disparate. Ne esce fuori quella che potremmo definire un’IDM moderna, che oltre all’UK bass incorpora al suo interno tracce di drill e batterie 808 quasi trap: una formula senza dubbio innovativa, e potenzialmente esaltante. Potenzialmente, appunto. Perché la sensazione è che in alcuni momenti questo esperimento non sia ancora del tutto maturo, a discapito della sostanza complessiva. Rimane un prodotto valido e da recuperare, ma l’impressione di un lavoro di transizione è forte. 74/100
Nala Sinephro – Space 1.8. Unire jazz ed ambient, soprattutto quando lo si fa con gusto ed intelligenza, si rivela spesso una mossa vincente. Lo sanno Floating Points e Pharoah Sanders, che con Promisesci hanno regalato uno dei dischi più interessanti dell’anno. E lo sa anche Nala Sinephro, che col suo esordio per Warp propone otto tracce che inducono nell’ascoltatore un senso di pace e tranquillità, quando non addirittura di abbandono al flusso musicale nei momenti più riusciti. Il titolo del lavoro risulta quanto mai azzeccato, perché in effetti si tratta di veri e propri spazi, a volte completamente vuoti, altre riempiti dagli interventi del sassofono. Pur annoverando alcuni momenti trascinanti, come nel caso del sesto pezzo, la polistrumentista sembra voler indagare maggiormente la componente ambientale del suo sound. Queste intenzioni vengono rivelate in particolar modo nella lunga suite finale, un affresco da contemplare in silenzio che tuttavia si rivela forse una vittoria a metà. 74/100
Perila – How Much Time It Is Between You And Me? Molti dischi ambient trovano la loro ragione d’essere nella staticità, nel suscitare emozioni di vario genere nell’ascoltatore pur rimanendo immobili. Risulta spesso difficile recensire uscite di questo tipo, perché si rischia di utilizzare sempre le stesse parole e le stesse frasi. Il lavoro della producer russa Aleksandra Zakharenko, invece, si rivela inaspettatamente dinamico. Tra le pieghe di queste tracce, integrate da brevi interventi vocali e field recordings, cova infatti una tensione sotterranea che provoca sensazioni contrastanti. Registrato in un villaggio in montagna, sembra restituire perfettamente l’esperienza di un isolamento in mezzo ai boschi, con un continuo contrasto tra momenti vicini al panismo e quella sensazione di pericolo nascosto all’inizio quasi impercettibile poi sempre più marcata. A parere di chi scrive, uno dei dischi elettronici più intriganti del 2021. 80/100
Anz – All Hours. All’incirca due mesi fa la DJ di Manchester dà luce al suo primo prodotto da quando milita nelle file della Ninja Tune. Lo slogan che accompagna l’uscita dell’EP è “dance music for people who are up all hours”, che si riflette lungo le tracce da cui è composto. È un inno alla gioia emanata dal dancefloor, e prende spunto da alcune delle correnti più care alla rave culture britannica, come UK garage, jungle o 2-step; il tutto senza rinunciare ad una spiccata vena pop, abbandonata solo in favore della monumentale “Last Before Lights”, pezzo da club culmine dell’intera annata. In conclusione, un buon riscaldamento in attesa del debutto sulla lunga durata. 74/100
Doss – 4 New Hit Songs. Doss fa il suo ritorno sulle scene continuando ad esplorare i lati più emotivi del genere house, e il nome dato all’EP, effettivamente, basterebbe per spiegarne il contenuto. In una particolare traccia si lascia ispirare da background non propriamente di sua competenza, cioè nell’inaspettata stratificazione tipicamente shoegaze di “Strawberry”. Per il resto si viaggia su binari familiari alla DJ statunitense che, per quanto di facile fruizione e principalmente rivolti al dancefloor, riescono a spaziare da attimi di trepidazione a una curiosa vulnerabilità; caratteristica tutt’altro che banale per un’uscita di questa tipologia. 76/100
Nia Archives – Headz Gone West. Se il decennio scorso è stato caratterizzato dal revivalismo anni ’80, chissà che in questo non tornino di moda alcune soluzioni dei magici 90s. Un modo interessante per utilizzare questi riferimenti potrebbe essere quello esplorato dalla britannica Nia Archives, che appoggia un cantato di matrice neo soul e delle immediate melodie pop sopra un tappeto ritmico reminiscente della tradizione jungle e drum’n’bass. Il risultato riesce a fare centro immediatamente, perché nella loro leggerezza queste canzoni nascondono dettagli interessanti, soprattutto dal punto di vista produttivo. Un EP moderno e classico al tempo stesso. 79/100
Nikki Nair – More Is Different. Non serve per forza inventarsi qualcosa per risultare interessanti. A volte basta semplicemente andare dritti al punto, interpretando secondo la propria sensibilità suoni già conosciuti. È quello che fa il producer statunitense Nikki Nair, con un EP in cui ripesca dubstep, breakbeat e footwork per quattro tracce divertenti ed ispirate. Una menzione a parte merita sicuramente la lunga “It Goes”, pronta ad entrare in moltissime playlist, che nel suo incedere riesce a ricordarci tantissime cose diverse pur non essendo una copia di nulla. Ma in fondo, ha davvero così tanto senso cercare i riferimenti? Prendiamo questa uscita per quello che è: una divertente porta di ingresso per chi ancora (come me) non conosceva l’artista, nell’attesa di una prova più personale. 73/100