16 Febbraio 2021
In tempi in cui tutti si sono stancati di tutto, l’approccio no bullshit del nuovo album dei Melvins non fa prigionieri. Difficile trovare qualcosa di più autentico di Working with God nel panorama rock e heavy di questi strani giorni. E anche stavolta, pur restando nel più classico stile del trio di Aberdeen, la quantità di idee, suoni, riff, pattern, sarebbe sufficiente a costruire almeno altri tre-quattro dischi. Sono davvero impressionanti in questo senso brani come “Boy Mike” o “Negative No No”, modelli ideali per chi si vuole cimentare sul tema sludge rock. C’è ovviamente il cazzeggio sclerato, altro marchio di fabbrica di Buzzo e Crover (che stavolta è affiancato al drumkit dal primissimo batterista dei Melvins, Mike Dillard), c’è il non-sense apparente e zappiano (in più tratti sembra di essere in un albo dei Mothers of Invention), l’incomprensibile, il frenetico. Ogni ingrediente presente nel percorso della band, ormai divenuto pressoché impossibile da riassumere, è reimpastato assieme al lievito madre originale, ovvero quel sound che di fatto ha generato il meglio che Seattle ha saputo produrre negli anni d’oro.
Ci siamo persi più volte nella discografia del trio di Aberdeen, e abbiamo apprezzato la pazienza con cui ad ogni intervista, un genio assoluto della chitarra come Buzz Osborne, secondo a nessuno sia chiaro, nemmeno a un Jimmy Page o a un Toni Iommi, si ritrova a raccontare la trascurabile vicenda del passaggio di Cobain nella loro vita artistica. Loro, i Melvins, che di fatto sono quelli che ne hanno beneficiato di meno tra le formazioni dell’epoca grunge. Ma ad ogni nuovo disco, come ad ogni riedizione – a proposito, vale certamente l’acquisto quella di Hostile Ambient Takeover (2001), invero uno dei loro migliori LP da quando sono con la Ipecac – e ad ogni nuova volta che ci ritorniamo, l’impero dei Melvins ci sembra qualcosa di davvero figo. Una montagna di pubblicazioni che vanno ben oltre il celeberrimo periodo con la Atlantic, colpevolmente trascurate da chi invece si professa fan e profondo conoscitore del Seattle-sound.
Per questo ave a voi o Melvins, banda di geniacci da cui c’è sempre qualcosa da scoprire e riscoprire, nemmeno in tempi come questi in cui tutto dura un nulla e poi è già dimenticato.