12 Dicembre 2017
Sono quasi sempre contrario alla pratica di prendere in esame una singola canzone per spiegare un intero disco, ma in questo caso potrebbe essere un metodo valido.
“Search. Reveal”, è una traccia pazzesca e apprezzarla significa secondo me capire la struttura degli elementi di tutto Hesaitix, come se questa traccia fosse il nucleo dal quale si irradia la materia che compone le altre 10 canzoni. È tutto costruito su una base ritmica fatta di tamburi e batterie quasi da world music, con tanti suoni quanti sono i possibili significati della parola percussione. Questo tappeto ritmico fa da base a suoni riconoscibili, tutti familiari all’ascoltatore meno sgamato, tutti se vogliamo profondamente umani nelle sensazioni che evocano (non siamo dalle parti di alieni come Lopatin che giocano appunto ad alienarti senza darti alcun punto di riferimento, qui un po’ il fattore nostalgia un po’ i suoni stessi danno proprio quella sensazione di umanità di cui parlavo), che però, e qui sta la maestria vera di M.E.S.H., risultano davvero algidi se ascoltati nel complesso.
E funziona così per tutto il disco: prendete “Coercer”, che ha al suo interno delle urla che sembrano provenire da riti d’iniziazione di tribù africane, prendete gli organi distorti delle due “Blurred Cicada”, o i field recording di “Signal Ride Drum”, in cui (stando a quello che Whipple dice nelle interviste, almeno) dei canti rituali di nativi americani sono stati usati e rimodellati per farne, appunto, cosa?, un motivo ritmico alieno?, un elemento che ti estranea da quella che sarebbe un’esperienza da club tribale a noi familiare – potremmo fare tantissimi nomi di gente che ci piace un sacco che l’ha fatto e lo fa ancora, pensate a Shackleton ad esempio. A maggior ragione risultano programmatiche le tracce ad apertura e chiusura del disco: “Nemorum Incola” ti accoglie in maniera ostile con suoni da foresta amazzonica, tra scimmie ed uccelli esotici (se traducete il titolo della canzone dal latino, viene fuori proprio “abitanti di foreste”), “Ihnaemiauimx” invece ti saluta con una sensazione di calma e relax fatto di suoni totalmente sintetici, come solo il buon Richard D. James ci ha abituati.
Altro tema importante, questo dei rimandi. Whipple realizza un album così coeso e con un’identità così precisa nonostante, quantomeno al primo ascolto, quando ancora non sai come si muoverà e dove andrà a parare, ci si ritrovi a pensare diverse volte “weilà, gli Autechre”, “toh, i Boards of Canada”, “ecco un altro che prende robe da Aphex Twin – come tutti”. Nonostante questo, dicevo, che per molti potrebbe comprensibilmente essere un lato negativo, il disco di M.E.S.H. è compatto, sviluppa un discorso molto personale (dischi di musica techno o electro in genere con elementi tribali ne possiamo contare quanti ne vogliamo, basti pensare, ai nostri Ninos du Brasil oltre che al già citato Shackleton, ma quanti lo fanno con questo tipo di suoni, con questo tipo di strutture?), e contemporaneamente dimostra come i riferimenti dei grandi nomi del passato siano solo una delle mattonelle che formano questo lastricato sonico intitolato Hesaitix.