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Ventennali sì, ma con gusto
Torna il 1991: occhio ai cattivi maestri
[spoiler]Pare già chiaro che a partire dalle prossime settimane ci ritroveremo, volenti o nolenti, a veder festeggiare i ventennali di dischi più o meno importanti usciti nel 1991, annata che indubbiamente ha segnato le sorti del rock a venire e che per qualche buon tempone scaruffiano rappresenta addirittura l'ultimo millesimo di vita del rock stesso, come se poi non ci fossero stati il '94 (per citarne uno anche superiore) e tutto il decennio dei primi Duemila. Poco male se si tratta di cose che meritano di essere lodate da qui alla fine del mondo, come può essere Screamadelica - di cui per altro è già pronto su prenotazione il supercofanazzo prodotto da Kevin Shields e Andrew Weatherall - meno bene quando ad essere celebrati saranno album che a ben vedere la prova del tempo non l'hanno passata granché bene, ma che prima della banda larga si erano costruiti la reputazione di capolavori, magari in corrispondenza di qualche milione di copie venduto e soprattutto grazie alla minore diffusione di quelli che via via si sono rivelati i veri gioielli del tanto discusso 1991. Spetterà al pubblico indie, più snob ma anche più profondo conoscitore della materia, decidere se certi dischi ormai inflazionati non meritino il pollice verso e possano quindi essere rivalutati.
Ricordo come fosse ora quando mi trovai per la prima volta in questo genere di discorsi. Sarà stato il '99. Ero ad una cena con ragazzi del mio stesso liceo, fra cui uno in particolare che almeno tra la sua combriccola era considerato una sorta di mentore in fatto di musica rock. Aveva messo su una coverband a metà fra Pearl Jam e Red Hot Chili Peppers e manco a dirlo, considerava il grunge la crema delle creme. Non quello dei Nirvana, per carità, troppo commerciale, ma quello dei paladini dell'integrità artistica capitanati da Vedder, o piuttosto quello opprimente degli Alice in Chains. Era uno che considerava Mellon Collie un albumetto pieno di filler e che di rock contemporaneo inglese non ne voleva neanche sentir parlare (ahi quanti ce ne sono ancora oggi di personaggi così!). Led Zeppelin, Pink Floyd, magari Neil Young se andava bene, ma neanche con troppa convinzione. Guai però a nominare Blur o Pulp, figuriamoci cose più vicine al gusto anni Ottanta.
Si conveniva però su una cosa, ovvero che il 1991 era stato un anno magico per la musica rock, e la sua argomentazione la raccontava a voce alta, con una schiera minuta ma fedelissima di compari ad ascoltarlo estasiati, perché appunto lui era la guida spirituale, il guru, quello che ne sapeva di santi del rock, ed elargiva saggezza, nonché il leader della coverband! "Successe che per un'irripetibile combinazione del caso, quell'anno arrivarono tutti assieme gli album dei migliori artisti ancora sulla piazza. Ten, Blood Sugar, Badmotorfinger, il Black Album, i Temple of the Dog... e per la musica commerciale posso concedere che Achtung Baby e Out of Time erano discreti. Non penso accadrà mai più una cosa simile, così... tutti assieme. Pensate che spettacolo dev'essere stato per chi aveva la nostra età all'epoca ed era sveglio come noi, che invece adesso ci dobbiamo accontentare di vivere del riflesso del grunge e fantasticando degli anni Settanta, che tristezza, che tempi bui"... E incantava tutti quanti.
Q: Ma sono quelli gli album che ci prestiamo ad onorare?
A: Eh sì, pare che saranno anche quelli. In alcuni casi solo quelli.
Apro parentesi, ma arrivo al punto. Ho fatto caso alla pubblicità di XL fra le notizie in breve del sito di Repubblica. David Bowie in copertina perché bisogna festeggiare i suoi 64 anni (così, per fare cifra tonda) e ricordarlo con le parole di Morgan e Bianconi, e soprattutto immagino per la necessità del magazine di iscriversi al c.d. Club dei Vivi, assieme a Jam, Rolling Stone e Buscadero che questo mese sbattono sulla cover tre personaggi scomodi dell'attualità come - rispettivamente - gli Who, Robert Plant e Jimi Hendrix. E allora ci volevano i 64 anni di Bowie per entrare nel circolo. Will you still need me, will you still feed me, when I'm sixty-four? Ok, questo sulle riviste italiane è un discorso che porteremo avanti un'altra volta...
Al di là di questa annotazione, c'è dell'altro. Mi accorgo che uno degli articoli principali riguarda Nevermind e il suo ventennale, e c'è addirittura un'intervista esclusiva a Thurston Moore per celebrarlo. Vado a guardare su Rate Your Music, perché non ero del tutto sicuro, ma ottengo la conferma: l'album dei Nirvana è datato 24 settembre del 1991, così che mancano quasi dieci mesi ai suoi venti anni. Mah. Perché adesso allora?? Non lo voglio veramente sapere, ma un campanello mi suona in testa: "Urca! Quest'anno è il ventennale di un sacco di capolavori!". Così, mi torna in mente quello della coverband e la sua ingenua pretenziosità. O pretenziosa ingenuità. Il suo voler straparlare, fare il fenomeno di fronte ad una platea di ragazzini, anche se oggi a chi come me ricorda quei discorsi appare come un povero coglione.
Internet c'era, ma non la possibilità di tirare giù giga su giga di album ben recensiti su riviste cartacee come il Mucchio, Tutto, Rocksound o Rumore - quelle che conoscevamo - né c'erano i lettori di mp3 della generazione appena successiva: al massimo dalla copia di musicassette si era passati alla lenta masterizzazione 4X dei cd. E se in città uno comprava un nuovo album, in due mesi ce l'avevano tutti.
Sono stati la linea ADSL, la lettura di webzine e forum indipendenti, e i soldini sudati lavoricchiando a riportare alla luce Yerself Is Steam, White Light From the Mouth of Infinity, Just for a Day, ... magari a Loveless, Goat e Spiderland ci saremmo arrivati comunque, ma dubito che all'epoca, in quel contesto, qualcuno avrebbe osato dire che un disco degli Slowdive potesse essere migliore di Blood Sugar Sex Magik o di Ten. Oggi per fortuna il folle è chi sostiene il contrario, perlomeno laddove la cultura indie - ovvero quella divincolata dal pensiero dei cattivi maestri in fatto di musica rock - s'è fatta un po' largo. Per questo almeno dal nostro punto di vista, ci apprestiamo a festeggiare i dischi che non solo riteniamo essere importanti per le sorti del rock dei nostri anni (cioé per davvero), come gli album di Primal Scream, My Bloody Valentine o Slint, ma che soprattutto sono belli e hanno qualcosa da dire ancora oggi. Album a prova di inflazione insomma, non roba per cui ti viene su il pranzo di Natale dopo pochi secondi. Anzi, fate così, mettete tutti assieme questi elementi: il riff di "Alive", Anthony Kiedis che intona "take me to the place I looooove", l'assolo di Slash fuori dalla chiesa nel video di "November Rain", il primo arpeggio di "Nothing Else Matters" che certamente anche voi stessi avete colpevolmente provato a strimpellare, Pavarotti a Modena che canta "One" tradotta in Italiano, qualche scena di quella schifezza di film che è Singles di Cameron Crowe, Cornell che senza alcun motivo urla come un ossesso "face pollution, face pollution!!!" [inquinamento facciale], il taglio di capelli di Michael Stipe nel video di "Losing My Religion", quella volta che ci siete cascati e avete ascoltato quella porcheria del primo album dei Mr Bungle e le sensazioni che vi ricorda... ecco, impacchettate tutto e se non l'avete già vomitato, espelletelo dal vostro corpo per non farlo tornare mai più. Sarà il miglior modo per celebrare certi ventennali.[/spoiler]
leggete qui! per l'appunto
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