
l'articolo
I negozi di dischi non ti salvano la vita, ma possono renderla migliore" (Nick Hornby)
È una citazione un po’ romantica e un po’ nostalgica lo slogan scelto per il Record Store Day di quest’anno. Una citazione che deve portare più ad una riflessione che all’autocommiserazione. Infatti troppo spesso è emerso soltanto l’appello dei piccoli negozi che lottano quotidianamente e vanno avanti per pura passione. Troppo spesso questa occasione è stata fatta diventare la celebrazione del piagnisteo collettivo. Il Record Store Day è una giornata di orgoglio per i tanti negozianti sparsi per il mondo che quotidianamente fanno e propongono cultura. È la consapevolezza dei propri mezzi e delle proprie possibilità, una vetrina per chi è distante da questo micro mondo, una festa per chi quasi quotidianamente lo vive. Non si riduce alla celebrazione dell’antico vinile sul nuovo formato mp3, queste contrapposizioni non stanno né in cielo né in terra e questo, addetti ai lavori e non, lo sanno un po’ tutti. Celebrare questi negozi di dischi slegati dalla grande distribuzione significa avere fiducia nel loro operato e avere la possibilità concreta di valutarne le potenzialità. Non guasterebbero di certo una maggiore coordinazione nazionale circa gli eventi, ma piano piano qualcosa si sta muovendo.
Le vendite dell'ultimo 21 aprile sono in netta crescita rispetto a quelle delle edizioni precedenti, e stanno anche a significare quanto l’iniziativa, nata 5 anni fa, rappresenti un'idea che può ancora svilupparsi. L’anomalia che infastidisce ogni negoziante è però legata alla presenza delle special releases anche nelle catene come la FNAC o Mediaworld. Gli organizzatori dell’evento sono impotenti? Inseguono solamente il profitto? Non si sa, fatto sta che è un vero e proprio controsenso che tradisce lo spirito con cui è nata questa manifestazione. Se è vero che i negozi devono un po’ adattarsi ai cambiamenti, è altrettanto indiscutibile che queste piccole realtà non abbiano armi contro tali Golia, che sicuramente hanno già tante facilitazioni (sul reso merce in particolare) che i piccoli non hanno.
Questi piccoli Davide, da parte loro, dovrebbero provare a cambiare un po’ pelle. Se fino a qualche tempo fa le quattro chiacchiere al negozio potevano essere un’attrattiva, ora non è più così. Cercare di trasformarsi diventando un luogo di aggregazione in cui sorseggiare un tè stimolerebbe sicuramente la frequentazione di clienti giovani che finora latitano. Ci sono di mezzo licenze e altre amene scartoffie, ma tentar non nuoce. E magari potrebbe essere un iniziale avvicinamento a queste sorde istituzioni che negano anche permessi per qualche concerto all’esterno del negozio.
Le facce nuove viste durante questa giornata vanno un po’ seguite (ed inseguite). I social network ad esempio sembrano non essere particolarmente utilizzati dalla maggior parte dei negozianti, ed invece potrebbero rappresentare un buon mezzo per rimanere in contatto con i clienti, raggiungerne di nuovi, pubblicizzare le tante offerte ciclicamente proposte e, magari, crearsi quella nicchia che li manterrebbe in vita e che non troverebbe le stesse proposte nelle grandi catene.
Il Record Store Day è un’ottima occasione, sia per i negozianti che per i clienti, ma non basta soffermarsi a poetiche riflessioni che finiscono nel dimenticatoio, è un’opportunità per mettersi in discussione e da far fruttare prima che i vari Golia ci tolgano questi piccoli validi Davide.