14 Agosto 2016
“Devastato e morente, prossimo alla sconfitta perfetta”, così descrivevamo You Fail Me, il disco che con colpevole ritardo ci aveva fatto innamorare dei Converge. Trentotto minuti che ci si sono appiccicati addosso in quella che a conti fatti è rimasta l’annata di massimo splendore nella storia del post metal di radice hardcore e sludge, ovvero la già leggendaria 2004. ISIS (la band, per carità), Neurosis, Mastodon, Cult of Luna e quindi i Converge, con il seguito di quel capolavoro istantaneo che era stato Jane Doe, tutti assieme in girotondo sulla piazza con album che se non sono stati i loro apici, poco ci è mancato.
L’occasione della Redux, più che permetterci di disquisire su dettagli tecnici e su questioni di lana caprina, è anche la scusa che cogliamo per parlare di una formazione che abbiamo sempre ammirato per valori etici e unità d’intenti, ma che forse abbiamo penalizzato in sede di rendicontazione dello scorso decennio. Sono stati loro i Fugazi degli anni zero. Ce ne siamo accorti, ma l’abbiamo detto a mezza voce. Abbiamo fallito noi.
Così come per Jane Doe, la versione originale di You Fail Me è stata mixata da Matt Ellard nello studio casalingo di Kurt Ballou. Non conoscendo e quindi non potendo dominare la consolle, e avendo a che fare con continui sbalzi di energia elettrica dovuti al terribile caldo estivo, Ellard era stato costretto a mixare quelle 12 tracce in soli tre dei sei giorni per i quali era stato pagato dai Converge. Il risultato, che a noi fino ad oggi è sempre piaciuto, non ha mai convinto del tutto Ballou che dal successivo No Heroes ha deciso e imparato a fare le cose da solo. “Troppa dispersione di dettagli e mancanza di consistenza nel passaggio da un pezzo all’altro: per questo ho deciso di tornarci sopra, pur consapevole che per molte persone questa sarebbe sembrata una mossa biecamente commerciale. Tuttavia sono convinto che il nuovo mix non disperda nulla dell’essenza di ciò che c’era di buono nell’originale, e anzi rivela alcune cose che prima non si notavano”. Vero.
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La nuova versione non riparte dal mix originale, all’epoca registrato in modalità analogica, ma dall’orecchio di Kurt che ha rielaborato i volumi delle tracce in base all’intuito. Il risultato pompa il basso e soprattutto rende più ampio lo spettro di suono che ti assale all’ascolto. Più vivido, più minuzioso, più definito: il nuovo You Fail Me, checché ne dica Ballou, è decisamente meno sporco e imperfetto dell’originale, che magari aveva il difetto di essere un filo troppo compresso. Il concetto semmai è: possiedi già questo album nella tua discoteca? Stai a posto così. Non ce l’hai (e magari hai in casa qualche porcheria che puoi facilmente rivendere al mercatino dell’usato)? Devi rimediare immediatamente, o con la vecchia o con la nuova versione. La Redux ha in più “Wolves at my Door”, brano precedentemente pubblicato solo nell’edizione giapponese (chissà perché poi gli amici giappi si devono sempre beccare le bonus tracks? Sul serio, parliamone). Per il resto, forma e sostanza sono sostanzialmente gli stessi, come è giusto che sia. Comodo ma come dire tanta soddisfazione.