La promessa di Pono Music
A 70 anni non hai voglia di rovinarti la reputazione che ti sei costruito con sudore e ingegno. Vuoi godertela, ma ti preoccupi maggiormente di come verrai ricordato, più che sbatterti in cerca di nuove sensazioni. Poi se ti capita, se sei convinto di essere ancora un passo avanti e vuoi dare un ulteriore contributo a chi ti ascolta, sai come farti sentire quando ci metti la faccia. Se ci credi, non hai paura di niente. Te lo puoi permettere ormai.
È il caso di Neil Young e PonoMusic, che nel primo giorno della campagna lanciata da Kickstarter ha tirato su la bellezza di un milione e mezzo di dollari e che mentre scriviamo è arrivato a 3,6 ml. Una roba possibile solo se si vanta un credito pressoché illimitato presso almeno un paio di generazioni di appassionati di musica rock, e se di mezzo ci sono le etichette major a dare manforte all’operazione. È vero che la parata di artisti che si è fatta intervistare a riguardo – guarda caso tutti sotto contratto con una major – ha tutto l’interesse nel successo dell’operazione, ma restiamo estremamente curiosi di provare anche noi questo nuovo lettore che all’apparenza non rivoluziona un bel niente, ma che forse (ri)sveglia il pubblico rock riportando l’attenzione sull’esperienza com’era una volta, prima del file mp3, e forse anche prima del CD. Ammesso che poi non sia solo fuffa messa in moto da un gruppo di nostalgici che ha visto nuovi profitti nel vendere per l’ennesima volta gli album e le canzoni che hanno sempre avuto successo, visto che le novità non si vendono altrettanto facilmente se non hai i fondi promozionali che hanno avuto i Daft Punk per Random Access Memories.
Anche nell’eventualità che Pono sia qualcosa di più di un lettore di FLAC, gli audiofili resteranno scettici comunque, perché tanto quella è gente che il più delle volte rimpiange di non esserci stata nei primi anni Settanta, ovvero la stagione più pastosa del rock. Di solito sono personaggi che tirano fuori il vinile di Atom Heart Mother quando vogliono argomentare qualcosa contro ciò che c’è stato dopo il 1977: the year punk broke. E ancor più dal CD in poi.
Se è solo un apparecchio che può ospitare una grande quantità di FLAC e attingere da uno store – caro, già s’è capito – a cui più fan un artista saprà portare, più questi e la casa discografica incasseranno, allora dobbiamo aspettarci in poco tempo il rilancio di casa Apple con un nuovo ed espanso iPod, e di un canale di iTunes dedicato solo ai FLAC. E via via tutti gli altri produttori di lettori multimediali. Tuttavia il beneficio che Pono può portare sembra essere più che altro concettuale.
Non spetta a questo blog spiegare la differenza di compressione e soprattutto di percezione dell’orecchio umano che c’è tra la musica suonata da un file mp3, o da un compact disc, o da un disco, o da un file FLAC o da qualsiasi altro formato. La curiosità di provare Pono però c’è, perché la sua promessa è tutta nell’intestazione, più che nei dettagli: “Pono Music, dove la tua anima riscopre la musica”. PonoMusic takes all the musical goodness of artist-approved studio master recordings and puts it at your fingertips. Nothing has changed, but everything is gained, with resolutions from 6 times that of an mp3 to more than 30 times that of an mp3, depending on just how great the recording quality was on that original “high resolution” master.
Forse Pono può far bene a chi vive la musica solo grazie ai file digitali, e allora una nuova spinta a cercare la qualità non può che giovare. Ci troviamo sempre più spesso a giudicare e magari perfino cestinare un disco nuovo avendolo solo ascoltato in mp3 dalle casse del laptop, oppure in cuffia mentre si va a lavoro col mezzo pubblico. L’avete già ascoltato il nuovo dei Real Estate? E l’ultimo degli Okkervil River? E che ne dite dei Cloud Nothings? Ecco, questa è tutta roba che se riacquista la dimensione e le dinamiche della musica live che ancora il vinile riusciva a dimostrare, non può che essere salvata dalla non-novità che può portare Pono. La musica originariamente suonata con strumenti analogici soprattutto, dunque, a seconda da come è stata registrata in studio, chiaro. Poi resta da vedere cosa l’orecchio umano riesce veramente a percepire, cioé se tutta questa differenza tra formato e formato è effettiva in determinati contesti dell’attuale vita urbana di un povero cristo che non ha tempo di mettersi lì a far girare un disco su un piatto collegato alle casse dell’hi-fi (perché per chi ha tempo e denari per il vinile, Pono non può che essere un complemento, ma non qualcosa che cambia le carte in tavola, anzi). Se uno si alza e si veste con la prima cosa che trova aprendo il cassetto è un conto, se uno invece sceglie con cura cosa indossare per gli appuntamenti e le persone che incontrerà in quel giorno, è un’altra. E magari chi ha tempo per il vinile è proprio il primo dei due casi, ovvero quello che la camicia se la mette una volta al mese se va bene.
Approfondiremo poi. Prima di bocciarlo o osannarlo proviamolo questo Pono. Magari è solo una suggestione che può ripuntare l’attenzione sulla qualità. In caso di successo, tutti in piazza a Barolo il prossimo 21 luglio con una bottiglia di Monfortino in mano (seee, magari).
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