La piaga degli anniversari del rock

Non se ne può più degli anniversari. Apri la homepage di Facebook e stai sicuro che almeno una volta al giorno ti trovi di fronte il post celebrativo del decimo, ventesimo, trentesimo, quarantesimo, primo, secondo, quarto, nono anniversario dell’uscita di un disco più o meno memorabile, più o meno invecchiato bene, più o meno sfighèz quando a postare è il tuttologo di turno che pretende di dire la sua anche sul rock, anche se magari in vita sua avrà ascoltato per intero a malapena un centinaio di titoli (eh sì, ci sono molti Andrea Scanzi in giro).
C’è di peggio nella vita, perché poi ci sono anche pagine di webzine pseudo-specializzate che fanno gli auguri ai cantanti che compiono gli anni o che commentano qualsiasi gossip e mezza notizia riguardante il protagonista dell’ultimo talent show, pretendendo poi di essere prese sul serio quando recensiscono nuovi dischi in uscita. Per questo abbiamo deciso di raccogliere in un unico pezzo tutti gli album – ci limitiamo a quelli – che nel 2017 compiono degli anni tondi e significativi: dieci, venti, trenta, quaranta e cinquanta. E li spariamo tutti assieme, dieci per annata. Poi decidete voi se festeggiare chi e quando. Almeno noi ci possiamo chiamare fuori da questa pallosissima operazione di nostalgia (canaglia) per qualcosa che il più delle volte chi posta non ha neanche vissuto se non di lontano riflesso. E chi “si stava meglio quando si stava peggio”, spesso commenta con demagogica convinzione.

Ebbene, guardate un po’ qui sotto…

1967: The Summer of Love

State certi che ci faranno due palle così con i 50 anni di Sgt. Pepper’s, manco fosse il capolavoro dei Beatles, manco fosse un capolavoro (!). Piuttosto il 1967, più che per Lucy in the Sky o per l’aver avuto “l’estate dell’amore”, come recita il celebre graffito di una casa di Haight Street a San Francisco, andrebbe maggiormente ricordato perché nel giro di pochi mesi esordirono icone sacre e impossibili da eguagliare come Doors, Jimi Hendrix, Pink Floyd e Leonard Cohen, ognuno con quello che è poi rimasto il proprio albo migliore (se pensate che i Floyd senza Syd Barrett siano stati una band perfino superiore, siete nel posto sbagliato). Senza considerare i Velvet Underground con Nico. Per più di qualcuno il disco più importante della storia.

1977: The Year Punk Broke

Anche per il 1977 la demagogia non mancherà, e vestirà i colori verde e giallo della copertina di Never Mind the Bollocks. Noi che un po’ ci siamo, un po’ ci facciamo, se proprio punk deve essere, allora scegliamo quello di Rocket to Russia o di Pink Flag. Se poi ci aggiungi il monosillabo post, la faccenda si fa molto più intrigante. Si apre un mondo, actually. E allora ecco Marquee Moon e quel mattacchione di Alex Vega – da troppi dimenticato negli elogi funebri di fine 2016 – coi Suicide. Infine e forse più di tutto, il 1977 è stato l’anno del Bowie berlinese – che (ri)mise in piedi anche Iggy Pop – e dei migliori Kraftwerk di sempre, quelli di Trans Europe Express.

1987: Music for ALL the Masses

A guardarli con distacco oggi, davvero strambi i secondi anni Ottanta. E belli, perché ce n’è per tutti i gusti. Il noise rock che precede il grunge dei Dinosaur (non ancora regrediti allo status di Junior) e dei Sonic Youth col sottovalutatissimo Sister (non dagli appassionati, piuttosto da chi nei Bignami online ha trovato evidenziati solo Daydream Nation, Dirty e magari Evol). C’è il pop languido del miglior Prince e quello introspettivo e tenebroso di David Sylvian. Ci sono i REM di Document, divenuti troppo grandi per rimanere in una casata indie, e gli U2 che vanno alla conquista dell’America con The Joshua Tree. L’apocalisse cantata degli Swans e la migliore psichedelia degli Ottanta, probabilmente quella degli Spacemen 3. Per tutti questi e alcuni altri, trent’anni portati con grande classe. Ma non chiedeteci “dove sono i Guns n’ Roses”, please.

1997: OK Computer, We’re Floating in Space

 

Inutile nasconderci dietro un dito. Il ’97 è stato l’anno di OK Computer. Quando tutti si aspettavano gli Oasis e gli U2, ecco invece la clamorosa esplosione del fenomeno Radiohead. Da allora ad oggi, ogni loro uscita è stata un evento, volenti o nolenti. Ma nello stesso anno ci sono stati anche piccoli enormi classici ormai divenuti storia dell’indie americano. Le copertine le riconoscete, d’altronde sono tutti dischi da TOP 100 del decennio. Dal Regno Unito invece anche i capolavori di Spiritualized e Blur. Tra i solisti, oltre al solito Nick Cave, la consacrazione definitiva di Björk con Homogenic e l’incompresa poetica di Elliott Smith. Altri ascoltavano cose orrende e violentissime, e si sono imbruttiti. Noi che c’eravamo e ascoltavamo le cose giuste, ora siamo splendidi trentenni. Come questi dieci album qua sopra.

2007 Person Pitch: Untrue

Forse l’annata più bella dei cosiddetti anni zero, ovvero il decennio in cui molti appassionati hanno perso la bussola, arrivando ad ascoltare gli album più rilevanti solo in grave ritardo. Chi seguiva MTV e riviste cartacee specializzate spesso non c’ha capito più niente, chi invece ha vissuto l’epoca d’oro dei forum online, questi dieci dischi li ha sviscerati dal giorno che sono usciti, a volte anche prima… I più belli sono quelli di Burial e Panda Bear e va bene, ma come dimenticare il caso discografico di In Rainbows o quello nato sottovoce e poi esploso fragorosamente di Bon Iver? Grandi i secondi capitoli di Arcade Fire e LCD Soundsystem, strepitosa PJ Harvey che passa all’età adulta con un disco dai toni scurissimi. Per qualcosa di più colorato, eventualmente rivolgersi agli Animal Collective.

Arrivederci a fra un anno. Festeggeremo altri cinquantesimi, quarantesimi, trentesimi, ventesimi e decimi anniversari.