Frank Ocean – Blond(e)

Frank Ocean – Blond(e)

We’ll let you guys prophesy
We gon’ see the future first

È uno dei dischi dell’anno. Ve lo diciamo subito, ancor prima di parlarvene, così fughiamo da principio ogni dubbio e stiamo tutti più tranquilli. Christopher Francis “Frank” Ocean è tornato e non ha deluso le nostre aspettative, anzi le ha stravolte. Ci ha prima abbattuti e poi risollevati, e ci sono voluti un po’ di ascolti per arrivarci, per capire che la bellezza rimane bellezza anche se triste, e che a conti fatti la malinconia non può scalfire le sue forme, ma è capace, in certi casi, di risaltarle.
Diciamo subito anche che Blonde non è Channel Orange. E viene spontaneo pensare che se Ocean avesse voluto avrebbe potuto tirare fuori dal cilindro una parte seconda in ben poco tempo. Ma quattro anni sono tanti, o comunque abbastanza da poter trasformare un ragazzo in un uomo.

Anche stavolta, così come era stato per l’esordio del 2012, la ciliegina sulla torta ce la mette Andre 3000 con la strofa di “Solo (Reprise)”, che vale più di tutte le tracce del Views di Drake messe insieme (a tal proposito: “I was under the impression / that everyone wrote they own verses / It’s comin’ back different and, yeah, that shit hurts me”). Comunque Dio solo sa quanto questo LP ci ha fatto star male ai primi ascolti: dopo averlo rimesso da capo per tre volte ci siamo presi una pausa di ventiquattro ore perché l’umore non reggeva.
Avete presente i brani-airplay di Channel Orange, tipo “Thinkin Bout You”, “Sweet Life” o “Lost”? Quelli che quando arriva l’estate pompiamo in macchina come se ci fossimo solo noi al mondo? Ecco, quelli stanno lì e non li tocca nessuno, ora però come primo singolo e apertura dell’album abbiamo “Nikes”: basta “RIP Trayvon, that nigga look just like me” per capire quanto in Blonde tutto sia strettamente personale, nessun inno generazionale o rivoluzionario, nessuna chiamata alle armi.

Ma soprattutto le liriche si sono fatte più criptiche, potenzialmente soggette a mille interpretazioni; non è Kendrick Lamar, non puoi dedicargli un corso di letteratura all’università. Questo Frank Ocean, che non è nuovo, ma solo più consapevole e adulto, non lo puoi mettere in macchina se non sei solo. Un paio di giorni dopo la sua pubblicazione stavo guidando verso Cala Grande (conosciuta come la Valle della Luna, un luogo meraviglioso che si trova nel promontorio di Capo Testa, in Sardegna) per assistere a un concerto in riva al mare. In macchina con me quattro amici, chiedo “Conoscete Frank Ocean? È uscito il nuovo disco!” e metto su “Seigfried”, una delle tracce più belle, ma che ha lasciato gli altri in silenzio a domandarsi “Ma cosa stai facendo?”: ecco quanto è intimo Blonde.

[Tweet “Se siete sopravvissuti alla parte finale del disco di Frank Ocean fatecelo sapere, noi ancora non ci siamo ripresi”]

Mancano quasi completamente le percussioni, così come i beats e i giri di basso tipici dell’R&B; ciò che abbonda e che colpisce da subito è invece l’uso delle chitarre: prendete per esempio “Ivy”, che è solo voce e sei corde, e ditemi se un pezzo simile non vi ha sorpreso, messo lì, quasi in apertura, come a dirci di abbandonare subito tutte le fantasie che ci eravamo fatti su questo ritorno. I synth di “Nights” (che pezzo!) che avvolgono il falsetto magico di Christopher, l’organo di “Solo” e “Godspeed” che accompagnano una voce che già sapevamo essere bellissima, ma che non pensavamo potesse raggiungere questi livelli di espressività. Se poi siete sopravvissuti alla parte finale del disco con ”White Ferrari” e la già citate “Godspeed” e “Seigfried” messe in sequenza, fateci sapere, perché noi ancora non ci siamo ripresi.

Insomma, Frank è tornato e l’ha fatto a modo suo: abbandonando la Def Jam e autopubblicandosi con la sua Boys Don’t Cry, scrollandosi di dosso il peso delle aspettative facendo un lavoro che nessun altro avrebbe potuto fare (nel 2016 chi è che relegherebbe Beyoncé e K.Dot al ruolo di coristi? E poi quale artista hip hop ha mai reso omaggio a Elliott Smith?), scelta che vuoi per l’hype vuoi per il valore effettivo dell’opera alla fine ha ripagato: Blonde pare abbia venduto più di 230.000 copie nella prima settimana.
Probabilmente il Nostro avrebbe potuto pubblicare qualsiasi cosa, che il suo pubblico e numerose testate l’avrebbero automaticamente considerata un capolavoro. A questo punto comunque considerazioni di questo tipo non hanno alcuna importanza, perché se di capolavoro non si tratta, Blonde ci va molto vicino.
Davvero avreste voluto di più?