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Alla sbarra in Svezia i responsabili del sito per lo scambio di file, anche con copyright, considerato simbolo di una filosofia libertaria e di un modo di vivere la rete in barba al copyright. Se verranno condannati nulla sarà come prima. Ecco perché
di ALESSANDRO LONGO
E' COMINCIATO oggi in Svezia il processo più importante degli ultimi dieci anni per il peer to peer: quello a Pirate Bay, il più noto sito web per scaricare file di ogni tipo, gratis, grazie alla tecnologia torrent. Le aule del tribunale di Stoccolma vedono contrapposti i rappresentanti dell'industria del copyright e, nel ruolo di imputati, i gestori del sito: gli svedesi Peter Sunde, Gottfrid Svartholm Warg, Fredrik Neij e Carl Lundstrom.
Non è uno dei tanti processi che hanno visto battagliare l'industria dell'intrattenimento a siti o servizi dedicati al peer to peer, perché Pirate Bay è visto come un simbolo di una filosofia libertaria e di un modo di vivere la rete in barba al copyright. In altre parole, se dovesse venire condannato ed essere costretto a chiudere, nulla più sarà come prima per l'universo del peer to peer, che, secondo stime Nielsen, coinvolge almeno 10 milioni di italiani.
Ecco perché il processo è seguitissimo dalla stampa di tutto il mondo, da blogger e utenti accorsi in aula per sostenere i gestori del sito. Pirate Bay vuole rendere il processo anche un fenomeno mediatico e quindi ha aperto un sito dedicato, con aggiornamenti in tempo reale dall'aula. Lo scopo, un po' come facevano gli anarchici dell'800, è utilizzare anche il processo per sostenere e divulgare le proprie idee contro il copyright; a favore della morte di un modello di distribuzione della cultura, a loro dire ormai obsoleto, basato sulle case discografiche e cinematografiche. A conferma del peso ideologico del sito, quelli di Pirate Bay hanno fondato persino un partito politico, in Svezia, con varie diramazioni nel resto d'Europa, e si sono candidati anche alle elezioni (finora senza successo).
Ovviamente entrambe le parti si dicono sicure delle proprie ragioni. Quelli di Pirate Bay sostengono che vinceranno, perché il loro sito non viola il copyright, ma solo è un motore di ricerca di contenuti (non tutti pirata) presenti sui computer degli utenti. Sostengono di essere un tramite tra gli utenti, un po' come Google. L'industria del copyright invece assicura che riuscirà a dimostrare il contrario: ovvero che i gestori hanno violato i diritti degli autori e l'hanno fatto per trarre profitto (tramite pubblicità e donazioni degli utenti).
Gli esperti sono perplessi. "Credo che siano destinati a essere condannati", dice Andrea Monti, avvocato tra i massimi esperti di internet. L'idea, su cui farà leva l'industria del copyright, è che Pirate Bay è ben diverso da un motore di ricerca come Google. Non è neutro, ma organizza i propri indici focalizzandosi sui file torrent (che spesso, ma non sempre, indirizzano a contenuti pirati). Potrebbe essere quindi condannato perché dichiarato ed esplicito facilitatore della violazione di copyright.
Il punto è che il vento sta cambiando, in Europa e nel mondo, nelle questioni che riguardano la tutela del diritto d'autore e diventa sempre meno favorevole ai siti e servizi che proclamano posizioni libertarie. Posizioni che finora hanno potuto agire alla luce del sole, come Pirate Bay, muovendosi al confine della legalità: hanno avuto l'accortezza di non ospitare contenuti pirata, a differenza di Napster (primo software peer to peer), ma di limitarsi a mettere gli utenti in contatto per raggiungerli. Questa strategia potrebbe non salvare a lungo questi siti, come dimostra un'incalzare di sentenze, che sta riconoscendo responsabilità anche a questi presunti mediatori neutri. Dopo essere stato bloccato in Italia, ma per qualche giorno, Pirate Bay è stato ora stato reso inaccessibile agli utenti di alcuni provider danesi, dopo una sentenza di un tribunale. E' vero che in Italia Pirate Bay è stato sbloccato, ma solo per un vizio di forma nella sentenza del sequestro: il pericolo, per il sito e i suoi utenti, è stato solo allontanato ma resta, visto che i sostenitori del copyright diventano più forti, ora sostenuti da nuove leggi e dai tribunali.