Scrivere
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Sì okay, ci sono corsi e scuole, però non tutti possono/vogliono buttarsi a pesce in cose del genere per scelte di vita, impegni, lavoro e tutto il resto. Ciò però non impedisce di dedicarsi (più o meno) amatorialmente alla scrittura. Del resto, tra i membri della redazione che postano qui sul forum non credo ci sia qualcuno nato proprio come scrittore, eppure piano piano abbiamo imparato a mettere quattro righe una dietro l'altra.
A volte sento l'esigenza di scrivere qualcosa al di fuori della sfera musicale, ma di solito finisce con un nulla di fatto. Un po' perché mancano idee, un po' perché non ho voglia di adattarmi allo stile usato nei libri che leggo in quel determinato momento, un po' perché probabilmente sbaglio metodo, un po' perché non sono uno che ama rivelarsi o scendere nel personale, neanche in modo allusivo, il che complica ulteriormente le cose.
Non credo di essere il solo, per cui... parliamone. Finché possibile lasciamo perdere i manuali e limitiamoci ad esperienze e metodi personali.
A volte sento l'esigenza di scrivere qualcosa al di fuori della sfera musicale, ma di solito finisce con un nulla di fatto. Un po' perché mancano idee, un po' perché non ho voglia di adattarmi allo stile usato nei libri che leggo in quel determinato momento, un po' perché probabilmente sbaglio metodo, un po' perché non sono uno che ama rivelarsi o scendere nel personale, neanche in modo allusivo, il che complica ulteriormente le cose.
Non credo di essere il solo, per cui... parliamone. Finché possibile lasciamo perdere i manuali e limitiamoci ad esperienze e metodi personali.
Re: Scrivere
Scrivere di cosa... forse è il punto
Bisogna avere idee e metodo. Forse fare una mappa di dove si vuole andare a parare rende tutto finto e prevedibile. Invece scrivere senza meta può portare chissà dove, col rischio di non arrivare mai però.
Bisogna avere idee e metodo. Forse fare una mappa di dove si vuole andare a parare rende tutto finto e prevedibile. Invece scrivere senza meta può portare chissà dove, col rischio di non arrivare mai però.
Re: Scrivere
Cosa, come e in che forma direi.
Di solito per me funziona così: raccolgo uno spunto, che sia da un sogno o da una situazione vissuta/osservata poco importa, poi se non ho un word processor a disposizione (anche se ho il vizio di usare uno spazio-blog privato per queste cose, non so perché ma in questo modo ho uno stimolo in più) prendo appunti mentalmente e appena posso butto giù due righe di promemoria.
Ma poi? Capire cosa farsene è arduo, e se uno non si fa una minima idea su questo allora non arrivano neanche le idee per estendere il concetto e iniziare ad aggiungere pezzi.
Io scarto a prescindere, per ovvi motivi, le produzioni lunghe, quindi la prima cosa che mi viene in mente è il formato racconto. E qui si pone la questione: che genere di racconto? Non mi metto a fare ritratti dell'uomo contemporaneo né voglio fare la morale o raccontare banalmente le azioni di X e di Y in un contesto Z.
L'estate scorsa (dopo credo almeno 4 anni di un beneamato nulla) ho provato a scrivere qualcosa e mi sono trovato abbastanza bene con la libera associazione a partire da una circostanza personale. Non sapevo dove volevo andare a parare ma ho comunque portato la cosa a conclusione, elaborandola. Solo che 1) lavorare così significa incasinarsi e rischiare di essere poco "seguibili", soprattutto se lo stai facendo a livello amatoriale 2) è venuta fuori una roba molto influenzata dalle mie letture e le mie fissazioni di quel periodo. Normale forse, ma un po' fastidioso.
Di solito per me funziona così: raccolgo uno spunto, che sia da un sogno o da una situazione vissuta/osservata poco importa, poi se non ho un word processor a disposizione (anche se ho il vizio di usare uno spazio-blog privato per queste cose, non so perché ma in questo modo ho uno stimolo in più) prendo appunti mentalmente e appena posso butto giù due righe di promemoria.
Ma poi? Capire cosa farsene è arduo, e se uno non si fa una minima idea su questo allora non arrivano neanche le idee per estendere il concetto e iniziare ad aggiungere pezzi.
Io scarto a prescindere, per ovvi motivi, le produzioni lunghe, quindi la prima cosa che mi viene in mente è il formato racconto. E qui si pone la questione: che genere di racconto? Non mi metto a fare ritratti dell'uomo contemporaneo né voglio fare la morale o raccontare banalmente le azioni di X e di Y in un contesto Z.
L'estate scorsa (dopo credo almeno 4 anni di un beneamato nulla) ho provato a scrivere qualcosa e mi sono trovato abbastanza bene con la libera associazione a partire da una circostanza personale. Non sapevo dove volevo andare a parare ma ho comunque portato la cosa a conclusione, elaborandola. Solo che 1) lavorare così significa incasinarsi e rischiare di essere poco "seguibili", soprattutto se lo stai facendo a livello amatoriale 2) è venuta fuori una roba molto influenzata dalle mie letture e le mie fissazioni di quel periodo. Normale forse, ma un po' fastidioso.
- absent friend
- Moderatore Globale
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- Joined: 03 Jan 2009 12:34
Re: Scrivere
Ho un'idea poco democratica del fatto. Non ce l'ho con nessuno, ovviamente. Anche perché non ho letto cose vostre ecc. Quindi prendetela come discorso generale.
Il problema causato dell'alfabetizzazione e dello star system degli scrittori è che su 100 abitanti ora tipo 10 vogliono "fare gli scrittori", prima di voler scrivere veramente. Come quelli che vogliono fare i musicisti prima di amare la musica (o detestarla, tanto è uguale). Ovvero, prendono, si siedono davanti ad uno schermo bianco o ad un foglio se vogliono fare i romantici e si impongono di scrivere, visto che è una delle caratteristiche dello scrittore. Ma non tutti possono. Anzi, in pochi ne hanno facoltà. Un altro difetto in buona parte attribuibile alla letteratura americana contemporanea è che personaggi come Palahniuk, per non dire Follet o Clancy, hanno portato la cultura della trama cinematografica fine a se stessa, una trama che catalizza l'attenzione snaturando il potere artistico del romanzo. Giusto oggi davanti alla libreria della Stampa ho visto il cartellone de "il nuovo dan brown, già vendute mille mila copie", o la graphic novel di tre di melissa p. Chiaro che poi ognuno sente di poter e voler scrivere: tanti e tali sono gli scrittori di successo!
Ma non è così che funziona, per come la vedo io. Poi magari mi sbaglio. Il raccontare è una necessità antropologica, un prodotto culturale e artistico (il tutto in senso stretto). C'è il racconto di critica sociale tanto quanto il racconto per il racconto, ma non è questo il punto. Il punto è essere artigiani delle parole, avere il culto del linguaggio e della fantasia, produrre qualcosa perché non si può fare altro e, soprattutto, immergersi nella lettura e nelle letture, nella storia della lettura e del pensiero umano, sia esso storico, politico, filosofico ecc.
Mishima (pour parler, non dico sia il metodo da seguire) ha scritto un romanzo incredibile all'età di 16 anni, e fin dall'infanzia non ha fatto altro che modellare le parole. A volte veniva investito da un'ossessione di cui DOVEVA scrivere. Allora, da sola, veniva l'idea. Per mesi si documentava sull'idea (il luogo, i luoghi, dettagli, atmosfere) e poi sviluppava.
Poi c'è uno come Kerouac che scrive febbrilmente per ore su un papiro lunghissimo e bon.
Entrambi, però, non si sono messi davanti ad un foglio (mentale e/o fisico) vuoto.
Tanto lo so che adesso arriva Adamasio e mi dice "datti all'ippica", lo so.
Il problema causato dell'alfabetizzazione e dello star system degli scrittori è che su 100 abitanti ora tipo 10 vogliono "fare gli scrittori", prima di voler scrivere veramente. Come quelli che vogliono fare i musicisti prima di amare la musica (o detestarla, tanto è uguale). Ovvero, prendono, si siedono davanti ad uno schermo bianco o ad un foglio se vogliono fare i romantici e si impongono di scrivere, visto che è una delle caratteristiche dello scrittore. Ma non tutti possono. Anzi, in pochi ne hanno facoltà. Un altro difetto in buona parte attribuibile alla letteratura americana contemporanea è che personaggi come Palahniuk, per non dire Follet o Clancy, hanno portato la cultura della trama cinematografica fine a se stessa, una trama che catalizza l'attenzione snaturando il potere artistico del romanzo. Giusto oggi davanti alla libreria della Stampa ho visto il cartellone de "il nuovo dan brown, già vendute mille mila copie", o la graphic novel di tre di melissa p. Chiaro che poi ognuno sente di poter e voler scrivere: tanti e tali sono gli scrittori di successo!
Ma non è così che funziona, per come la vedo io. Poi magari mi sbaglio. Il raccontare è una necessità antropologica, un prodotto culturale e artistico (il tutto in senso stretto). C'è il racconto di critica sociale tanto quanto il racconto per il racconto, ma non è questo il punto. Il punto è essere artigiani delle parole, avere il culto del linguaggio e della fantasia, produrre qualcosa perché non si può fare altro e, soprattutto, immergersi nella lettura e nelle letture, nella storia della lettura e del pensiero umano, sia esso storico, politico, filosofico ecc.
Mishima (pour parler, non dico sia il metodo da seguire) ha scritto un romanzo incredibile all'età di 16 anni, e fin dall'infanzia non ha fatto altro che modellare le parole. A volte veniva investito da un'ossessione di cui DOVEVA scrivere. Allora, da sola, veniva l'idea. Per mesi si documentava sull'idea (il luogo, i luoghi, dettagli, atmosfere) e poi sviluppava.
Poi c'è uno come Kerouac che scrive febbrilmente per ore su un papiro lunghissimo e bon.
Entrambi, però, non si sono messi davanti ad un foglio (mentale e/o fisico) vuoto.
Tanto lo so che adesso arriva Adamasio e mi dice "datti all'ippica", lo so.
- :adamasio:
- Posts: 8214
- Joined: 18 Jan 2009 03:29
Re: Scrivere
A parte che per me l'ippica è disciplina stimabile e degna.
Per il resto, mi sento di quotare tutto quello che ha scritto absent, tranquillamente.
Prima di scrivere, banalmente, ci si deve chiedere: perché scrivo? Per chi scrivo?
Per il resto, mi sento di quotare tutto quello che ha scritto absent, tranquillamente.
Prima di scrivere, banalmente, ci si deve chiedere: perché scrivo? Per chi scrivo?
"Signori, voi mi potete dire a casa vostra ciò che vi piace"
Re: Scrivere
Non sto parlando però di "voler fare gli scrittori" ma di "scrivere". C'è differenza, perché la prima cosa nasce dal voler fare un po' i fighi a causa/per colpa di quelle cose (vere) che dici, la seconda è l'esigenza di cui parlavi dopo. E per scrivere non credo sia necessario andare in crisi mistica o essere ossessionati al livello di Mishima. Sono d'accordissimo sul fatto che mettersi davanti a un foglio bianco per imporsi di riempirlo non serve, né per "fare lo scrittore" né per "scrivere". Se tutti avessero la possibilità di fare gli scrittori, in Italia forse saremmo invasi da un esercito di tanti Fabio Volo e mi sarei già suicidato, credo.
Se devo parlare di me, il perché mi è chiarissimo in realtà. Ho il vizio di conservare davvero qualunque cosa, e spesso mi viene una voglia bruciante di trasferire su carta quel che si può, lo nascondo per poterlo poi "ritrovare" fra le righe. Su "carta" perché l'espressione per via scritta è il mezzo che mi viene più naturale, ho sempre avuto la tendenza a fare così. Quindi posso dire che di trame spettacolari e dalle caratteristiche cinematografiche non mi importa assolutamente niente, come non sono tipo da desiderare di tenere un blog alla HelL-A Magazine. Non sono uno scrittore e né voglio fare lo scrittore, sono consapevole del fatto che se la maggior parte delle volte mi innervosisco, mi blocco e lascio perdere è per mancanza di allenamento/compentenze specifiche/sacro fuoco inestinguibile stile Mishima, e anche per il pensiero che la scrittura è una cosa seria, è arte e non mi va di sporcarla (infatti avevo iniziato a scrivere qualcosa tra i 18 e i 21 anni, poi quando ho iniziato a leggere di più mi sono fermato perché mi sentivo idiota rispetto a chi scriveva veramente e avevo capito che dovevo prima imparare qualcosa da loro). Però resta il problema, ho sempre questa esigenza di trasferire le cose su carta: se ci riesco mi sento soddisfatto e mi calmo, viceversa inizio ad avvertire un senso di profondo fastidio che dura anche qualche giorno. Quindi è questo che cerco di risolvere, non il voler "fare lo scrittore".
Per chi? Beh ho già risposto su praticamente, poi al massimo faccio leggere a quelle due o tre persone che hanno lo stesso vizio. Per come intendo la cosa non penso sia possibile desiderare diversamente.
Se devo parlare di me, il perché mi è chiarissimo in realtà. Ho il vizio di conservare davvero qualunque cosa, e spesso mi viene una voglia bruciante di trasferire su carta quel che si può, lo nascondo per poterlo poi "ritrovare" fra le righe. Su "carta" perché l'espressione per via scritta è il mezzo che mi viene più naturale, ho sempre avuto la tendenza a fare così. Quindi posso dire che di trame spettacolari e dalle caratteristiche cinematografiche non mi importa assolutamente niente, come non sono tipo da desiderare di tenere un blog alla HelL-A Magazine. Non sono uno scrittore e né voglio fare lo scrittore, sono consapevole del fatto che se la maggior parte delle volte mi innervosisco, mi blocco e lascio perdere è per mancanza di allenamento/compentenze specifiche/sacro fuoco inestinguibile stile Mishima, e anche per il pensiero che la scrittura è una cosa seria, è arte e non mi va di sporcarla (infatti avevo iniziato a scrivere qualcosa tra i 18 e i 21 anni, poi quando ho iniziato a leggere di più mi sono fermato perché mi sentivo idiota rispetto a chi scriveva veramente e avevo capito che dovevo prima imparare qualcosa da loro). Però resta il problema, ho sempre questa esigenza di trasferire le cose su carta: se ci riesco mi sento soddisfatto e mi calmo, viceversa inizio ad avvertire un senso di profondo fastidio che dura anche qualche giorno. Quindi è questo che cerco di risolvere, non il voler "fare lo scrittore".
Per chi? Beh ho già risposto su praticamente, poi al massimo faccio leggere a quelle due o tre persone che hanno lo stesso vizio. Per come intendo la cosa non penso sia possibile desiderare diversamente.
Re: Scrivere
Absent ma quindi sei a Torino right?
anch'io spesso scrivo per non dimenticare.In particolare a me piace impostare dei soggetti per poi vedere se i passaggi cruciali possono portare a una stesura più ampia.
Poi leggo Philip Roth o Eco,McCharty piuttosto che qualche grande classico e capisco benissimo dove e quando fermarmi.
La realtà però è diversa...Ad oggi scrittori e sceneggiatori si contendono un piatto davvero enorme del mercato.
anch'io spesso scrivo per non dimenticare.In particolare a me piace impostare dei soggetti per poi vedere se i passaggi cruciali possono portare a una stesura più ampia.
Poi leggo Philip Roth o Eco,McCharty piuttosto che qualche grande classico e capisco benissimo dove e quando fermarmi.
La realtà però è diversa...Ad oggi scrittori e sceneggiatori si contendono un piatto davvero enorme del mercato.
Last edited by Kqueg on 18 Feb 2011 01:46, edited 2 times in total.
Re: Scrivere
Ultimamente scrivo spesso per me stesso. Di solito, quando sono in giro mi annoto sul cellulare o su un'agendina dei particolari che mi colpiscono e le mie sensazioni al riguardo; poi torno a casa, riscrivo il tutto al computer, e arricchisco (più per la forma che per il contenuto). Ne vengono fuori dei piccoli quadretti, situazioni che sarebbero banali e insignificanti per chiunque, ma che magari a me hanno cambiato la giornata, o mi hanno reso felice/triste/"diverso" per 20 minuti.
Oppure, di recente ho anche scritto una pagina molto personale, perché sentivo il bisogno di "guardarmi da fuori", e nel farlo ho cercato di curare lo scrivere, di renderla una pagina di racconto (forse più che romanzo).
L'ho fatto per me e basta, anche se qualcuno ha letto queste cose; ma le ho fatte leggere per il legame che avevo con la persona, non perché mi interessasse diffonderle in generale.
Oppure, di recente ho anche scritto una pagina molto personale, perché sentivo il bisogno di "guardarmi da fuori", e nel farlo ho cercato di curare lo scrivere, di renderla una pagina di racconto (forse più che romanzo).
L'ho fatto per me e basta, anche se qualcuno ha letto queste cose; ma le ho fatte leggere per il legame che avevo con la persona, non perché mi interessasse diffonderle in generale.
Re: Scrivere
Non so se è il topic giusto, ma: Qualcuno ha mai pubblicato o provato a pubblicare per una qualche rivista pseudo-affermata o casa editrice (non quelle che ti chiedono soldi per farti ritrovare centinaia di copie invendute sparpagliate per casa)?
Ancora non mi avvicino a questi mondi, lo chiedo più per curiosità e per raccimolare storie aneddotiche utili ad un possibile orientamento futuro.
Ancora non mi avvicino a questi mondi, lo chiedo più per curiosità e per raccimolare storie aneddotiche utili ad un possibile orientamento futuro.
Re: Scrivere
Spezzo una lancia in favore di Palahniuk. Prima devo fare una dovuta premessa: considero Palahniuk uno scrittore nel periodo che va da Fight Club (1998) a Rabbia (2007), ho letto tutti i romanzi successivi, ho finito Sventura 5 minuti fa, non li considero libri.absent friend wrote:Un altro difetto in buona parte attribuibile alla letteratura americana contemporanea è che personaggi come Palahniuk, per non dire Follet o Clancy, hanno portato la cultura della trama cinematografica fine a se stessa, una trama che catalizza l'attenzione snaturando il potere artistico del romanzo.
Stabilito questo, Palanhiuk effettua una grande ricerca artistica e stilistica sulle parole cercando di unire una forma romanzesca post Céline al minimalismo americano di personaggi come Carver e più in particolare Amy Hempel.
Per esempio in Survivor c'è un breve capitolo che descrive la pulizia di un'aragosta, consapevolmente o inconsapevolmente, alla fine della pulitura, vi ritroverete a piangere o comunque con un grandissimo vuoto interiore.
Questo è un esempio su un dettaglio, all'apparenza può sembrare un mero esercizio di stile, ma in realtà è un climax creato e modellato grazie ad un attentissimo uso delle parole che apre la strada in maniera fenomenale agli eventi successivi che, per non rovinarvi una futura lettura, ometterò.
Non so per quale motivo ma dopo Rabbia i suoi romanzi sono vuoti, trame cinematografiche fine a se stesse, per citare absent friend, stupidi e scontati.
Con questo non voglio mettere Palahniuk sullo stesso livello di Carver o Amy, sia chiaro, desidero solamente far luce su uno scrittore che, per un grosso successo come Fight Club, ha ottenuto una fama più grossa di lui facendosi amare dai "lettori per moda" e detestare da chi invece naviga controcorrente.
Last edited by Meu on 17 Nov 2014 22:40, edited 2 times in total.
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