Cinema + Film in TV

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Homunculus1510
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Re: Cinema + Film in TV

Post by Homunculus1510 » 05 Jul 2018 21:29

Azrael1793 wrote: 05 Jul 2018 21:15 Vedo parlare bene di questo Hereditary, ma è presto ancora per trovarlo
Forse lo vado a vedere sabato al cinema. Ho già timore.
Anche se in realtà mi hanno detto essere molto simile a A Quiet Place come tipologia di film. Più un thriller che un horror, quindi. Vedremo.
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rick81
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Re: Cinema + Film in TV

Post by rick81 » 09 Jul 2018 13:14

Ho visto il sacrificio del cervo sacro. Commento: "WOW"

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Starn
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Re: Cinema + Film in TV

Post by Starn » 09 Jul 2018 15:42

rick81 wrote: 09 Jul 2018 13:14 Ho visto il sacrificio del cervo sacro. Commento: "WOW"
Visto anche io, molto figo. C'era una buzzurra sui 40 con il compagno che mi ha quasi rovinato l'esperienza ridendo e sbuffando nelle scene "surreali" mostrando evidenti deficit cognitivi. Ma lei a parte è stata veramente un'esperienza, forte, disturbante ma che rifarei.
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rick81
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Re: Cinema + Film in TV

Post by rick81 » 10 Jul 2018 02:27

Io sono stato fortunato eravamo in 6...

Chiedo al Messere se vuole darci una chiave di lettura sua personale, sicuramente apprezzata.

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Messer Dino Compagni
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Re: Cinema + Film in TV

Post by Messer Dino Compagni » 13 Jul 2018 13:04

Per me capolavoro sia chiaro ma va visto in lingua.
Show
Tutto in Il Sacrificio del Cervo Sacro è assurdo, e tutto lo è in molti dei modi descritti dalla definizione della Treccani e questa assurdità porta a vari tipi di reazioni ed emozioni.
Yorgos Lanthimos e, non tralasciamolo, il suo co-sceneggiatore di fiducia Efthymis Filippou veicolano l’assurdo in molti modi, ma due dei mezzi privilegiati sono i dialoghi e la recitazione richiesta agli attori.

La recitazione algida, robotica, monotòna e distaccata, esaspera la sensazione che la vita, le azioni, il lavoro, gli scambi di convivialità, persino elementi come il sesso o le emozioni, non siano altro che doveri e costrizioni e programmazioni sociali. Ci sono tantissime scene nei vari film di questo regista che, in altre pellicole, non noteremmo nemmeno, ci sembrerebbero dei semplici e banali momenti di raccordo fra altri istanti più importanti, e invece, nelle mani di questi due autori, fanno risaltare tutta l’assurdità di larga parte del vissuto.

Prendiamo a esempio la camminata dei due medici, il cardiologo interpretato da un Colin Farrell per me strepitoso, che non ha ancora raccolto in carriera tutto il riconoscimento che meriterebbe, e il suo anestetista. I due parlano dei rispettivi orologi da polso, dei pro e contro dei materiali, della resistenza all’acqua e altro ancora e le scelte di dialogo, così come il modo con il quale sono recitate le frasi, trasmette tutto l’aspetto grottesco che si annida nel feticismo per le merci, in particolare per quelli che vengono definiti oggetti di valore o di lusso, e tutto il senso di disperato vuoto che spesso tentiamo di riempire con queste e altre “passioni”, condite da frasi inutili, didascaliche, che ribadiscono l’ovvio o scimmiottano pubblicità.
L’effetto è comico.

Questo è un dato importante, perché alla presunta sensazione di freddezza che possono trasmettere i suoi film, Yorgos Lanthimos replica spesso con un vasto spettro emotivo suscitato nello spettatore o, perlomeno, in qualche tipologia di spettatore.

L’assurdo è spesso comico perché non è connotato, inizialmente, da altro segno se non quello del “non razionale” e può quindi veicolare una vastità di emozioni e sensazioni potenti.
La comicità in Lanthimos scaturisce spesso da queste rappresentazioni satiriche: una delle scene che più mi ha provocato ilarità negli ultimi anni è stata la scena satirica, in The Lobster, nel quale viene rappresentato un insieme di persone che ballano al ritmo di musica elettronica.
Con il sottoscritto tale scena ha funzionato ancora meglio che con la media degli spettatori, in quanto amo andare a ballare musica techno nei club e trovo che la satira attuata dall’autore greco sia stata azzeccata, pungente su aspetti molto realistici, di questo rito che è allo stesso tempo così tribale e così distaccato, così radicalmente diverso dal ballo di coppia.
Da allora, inevitabilmente, ci sono momenti nei quali mi blocco in pista e ripenso a quella scena, con l’effetto comico e straniante amplificato dall’azione psicotropica, e altrettanto inevitabilmente mi metto a ridere.

Un altro esempio di grande comicità in The Killing of a Sacred Deer è rappresentato dal finale della scena della cena fra Steven e la madre di Martin, che non vuole lasciarlo andare via (in quanto vorrebbe scoparselo) ed esclama, parlando di cibo: “I won’t let you leave until you’ve tried my tart!”, dialogo che non ho idea di come sarà tradotto in italiano (il film esce in Italia il 28 giugno 2018) per cercare di mantenere intatta la battuta.

L’assurdo ha anche la straordinaria caratteristica narrativa di non avere bisogno di cause scatenanti razionali per accadere, può semplicemente scaturire per nessi incomprensibili o inspiegabili, o per capricci.

In Il Sacrificio del Cervo Sacro l’impianto assurdo rende tali anche le poche scene gestite, filmate, e recitate secondo registri più “normali” (e ricordate qui la definizione della Treccani, con quel “fuori dalla norma”), su tutte il momento romantico, splendido, nel quale Kim canta una canzone a Martin. È un’isola pregna di pathos e di lirismo che spiazza e crea un effetto narrativo e drammaturgico molto forte e inverso: uno dei momenti più conformi ai codici narrativi imperanti diventa, in quella situazione, ancora più straniante.

L’assurdo esaspera ogni momento, porta al limite molte situazioni: il sesso viene sdrammatizzato, alleggerito dal carico e dall’attenzione sempre più oppressiva, performativa e ossessiva che sta ricevendo nella nostra epoca che supponiamo assai libera nei suoi confronti. E anche il sesso chiesto come scambio di favore, rappresentato in una scena all’interno di una automobile, rivela tutto il suo desolante squallore e la disperata solitudine e pochezza del potere e del dominio di chi lo esige, con una efficacia assai superiore rispetto a vari altri toni e stili (strillati, di denuncia, violenti, ecce cc) che sarebbero stati impiegati da altri registi.

E, naturalmente, l’assurdo terrorizza, crea orrore e paura, altrimenti non vi starei parlando di questo titolo su questo sito.
Crea sensazione di impotenza, irritazione e frustrazione nelle persone razionali, per poi procedere a una escalation di paura e terrore quando cominciamo (cominciano) a comprendere di essere in balia del caso e/o del capriccio di divinità o forze irrazionali, a fronte delle quali tutta la ragione del mondo nulla può.

E nessuna divinità, in questo caso, può funzionare meglio di quella greca, così più vicina all’uomo e ai suoi difetti, alle sue passioni, alle sue intemperanze.
Dei legami che quest’opera nutre con il mito greco, con il concetto di sacrificio e in particolare con Ifigenia, non mi sembra il caso di dilungarmi troppo, anche considerando l’attuale word count che sta avvicinandosi a quota 4000.
E non mi pare il caso anche perché tale legame è fin troppo evidente e urlato, e devo ammettere che questa evidenziatura, questo affollare l’opera (fin dal titolo) di immagini di cervi, che spuntano da tappezzerie e fotografie; e menzioni di tesine scolastiche proprio su quel personaggio, mi è parso un difetto, che non so se attribuire a un eccesso di compiacimento e indulgenza negli autori o, al contrario, in una certa insicurezza nelle capacità interpretative degli spettatori americani e inglesi, vista la svolta produttiva degli ultimi due film e il conseguente allargamento del pubblico di riferimento.

Steven è messo di fronte, come Agamennone, di fronte a una scelta, una scelta che, da razionale uomo di scienza, gli pare così assurda che, prima di cedere, cerca di affrontare il tutto con le armi che ha a disposizione, che sono i tomi di medicina, i macchinari di analisi, i consulti con gli specialisti e persino il ricorso, “razionale”, al potere intimidatorio e reattivo della violenza.
Non è, facendo il più classico, conveniente e abusato dei paragoni, un uomo religioso come Abramo, che si sarebbe comportato in ben altro modo, bensì, in stretta aderenza al mito affrontato (o, perlomeno, a una delle versioni di questo mito) un eroe tragico.

Agamennone è un uomo etico e come tale, messo di fronte a una scelta, decide in modo morale e non religioso, ma l’etica, purtroppo, ci pone di fronte a dei valori e limiti assoluti che noi, finiti e difettosi, non possiamo raggiungere. Da qui la disperazione di Agamennone, a prescindere dalla scelta, e di Steven, disperazione che potrebbe essere risolta soltanto con la fede, come appunto può permettersi di fare il più “fortunato” Abramo.

Ma Lanthimos e Filippou non hanno girato un film in costume, non hanno scelto una soluzione atemporale, non hanno voluto una dimensione più astratta che gli permettesse di rendere la vicenda più universale. Hanno riposizionato il tutto nel contemporaneo facendo ricorso a un maggiore realismo, rendendo Steven personaggio, se possibile, ancora più tragico ai nostri occhi di Agamennone, perché non ha nemmeno la speranza di una futura scelta e trasformazione dall’etico al religioso. Questi due autori hanno collocato questa vicenda mitica dopo La gaia scienza, mentre Euripide scriveva nel 400 avanti Cristo: ora siamo ben più nudi e disarmati di fronte all’inesorabile asse dell’etica, irraggiungibile per noi asintoti umani.


The Killing of a Sacred Deer è stato visto da alcuni come un riposizionamento commerciale da parte del regista greco, come un tentativo di cercare un pubblico più vasto banalizzando e semplificando la portata delle sue analisi e messaggi, raddolcendo la ferocia di certi attacchi (alla borghesia, alla famiglia, alla società, più in largo io direi che Lanthimos attacca la stasi), ammiccando e impiegando star.

A me così non pare, ma anche se così fosse, da questo punto di vista l’autore avrebbe fallito. Guardiamo qualche scientifico dato, ricavato da The Numbers: Kynodontas ha incassato globalmente 1.373.407 dollari; Alpeis 155.491, The Lobster è arrivato a quota 18.053.914 mentre Il Sacrificio del Cervo Sacro per ora siede su 4.408.155 dollari, un grave passo indietro.

Il messaggio a me pare ancora più cupo, aspro e inesorabile rispetto alle precedenti opere: se stai fermo andrà male, comunque ti muovi andrà male, non c’è alcuna via di fuga non solo possibile, ma nemmeno pensabile, nemmeno nella fantasia. Almeno anni fa potevamo provare a cavarci dolorosamente un dente canino, nella speranza, ora non c’è più traccia nemmeno di quella possibilità.
La condizione umana è misera, la famiglia una bugia, la società uno scherzo scritto con grammatica mediocre, le relazioni son poco più che programmi, l’uomo è una creatura così egoista da non esitare a pretendere una squallida sega da una madre alla quale i figli stanno morendo in modo atroce, tutto è così fragile che basta un capriccio per mandare in frantumi decenni di “lavoro”.

Il rigore formale e la potenza espressiva dello stile e della messa in scena a me semmai paiono ancora, per quanto incredibile, migliorati rispetto alle precedenti prove.
In larga parte ciò avviene per il fondamentale contributo di del fido Thimios Bakatakis, che sa zoomare così lentamente e dolcemente da mettere in dubbio la tua percezione visiva, che posiziona la sua mdp in tutti gli angoli meno immaginabili e più disorientanti e che smorza le luci, lentamente come zooma, man mano che ci incupiamo verso il finale. Ottime anche le ricercate scenografie di Jade Healy (A Ghost Story, altro titolo A24, che produce con estrema cura e mette a disposizione un gran bel gruppo di professionisti), che addiziona ambienti vetrosi e cristallini mentre sottrae la popolazione, ottenendo spazi deserti, inabitati, asociali e desolati.

I mondi di Lanthimos paiono sempre post-apocalittici senza che ci sia stata realmente un'apocalisse e senza la sensazione che “prima” si stesse meglio: sia che ci si chiuda nella villa-bunker di Kynodontas o che ci si aggiri fra case, sobborghi, ristoranti e ospedali come nella sua ultima opera.
A completare troviamo l'esiziale e dissonante colonna sonora che mischia Schubert e Bach a Sofiya Gubaydulina e György Ligeti, ma che funziona solo in parte, è alle volte didascalica quanto l'insistenza su alcuni richiami alla tragedia di riferimento, e altre volte troppo invasiva, come un’operazione a cuore aperto.

E, per chiudere, non dimenticate che quando queste operazioni finiscono male, potrebbe benissimo essere colpa dell’anestetista:
“A surgeon never kills a patient. An anaesthesiologist can kill a patient, but a surgeon never can.”

Ma no, no, non pensiamoci nemmeno. Sarebbe troppo ingiusto. Troppo errato. Troppo metaforico. Troppo simbolico. Troppo… assurdo?
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rick81
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Re: Cinema + Film in TV

Post by rick81 » 14 Jul 2018 02:31

Ma per quale sito scrivi?

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Messer Dino Compagni
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Re: Cinema + Film in TV

Post by Messer Dino Compagni » 19 Jul 2018 19:43

Bellissimo THE ENDLESS di Benson e Moorhead, qui anche come attori. Meglio accoppiato con l'esordio Resolution. Poi ne parliamo. Ci si potrebbe anche fare un articolo se interessa.
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Messer Dino Compagni
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Re: Cinema + Film in TV

Post by Messer Dino Compagni » 22 Jul 2018 15:43

Che siccome non è uscito ancora in streaming...
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Azrael1793
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Re: Cinema + Film in TV

Post by Azrael1793 » 31 Jul 2018 09:30

Messer Dino Compagni wrote: 19 Jul 2018 19:43 Bellissimo THE ENDLESS di Benson e Moorhead, qui anche come attori. Meglio accoppiato con l'esordio Resolution. Poi ne parliamo. Ci si potrebbe anche fare un articolo se interessa.
Visto, la seconda parte del film mi è piaciuta un po' meno della prima e alla fine onestamente l'ho trovato solo carino.


Intanto, Refn ha lanciato questo sito dove curerà e regalerà vari film in streaming, tutto gratis (sub eng per ora)
https://www.bynwr.com/
"Not Knowing What Is And Is Not
Knowing, I Knew Not"
Twittah

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Messer Dino Compagni
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Re: Cinema + Film in TV

Post by Messer Dino Compagni » 22 Aug 2018 16:19

Image

Bello potente questo elevated horror del debuttante Ari Aster. Vale una visione.
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