Report Made in Italy 09/03/2014 Parte 2
Anno nuovo, nuova formula. Ecco il primo Report Made in Italy, relativo alle uscite discorgrafiche che abbiamo ascoltato in questi primi due mesi 2014. Cominciate a prendere dimestichezza con questo metodo di pubblicazione delle recensioni: l’appuntamento si rinnoverà all’incirca ogni due mesi e permetterà a noi e a voi di gettare uno sguardo d’insieme periodico sulla situazione delle nuove uscite italiane.
Alcuni dischi più meritevoli di attenzione, in positivo e in negativo, vengono trattati separatamente in articoli estesi: è stato il caso nelle scorse settimane dei recommended Melampus, Non voglio che Clara e Be Forest, ovvero i tre album migliori usciti fino ad ora, ma anche il buon ritorno degli Zen Circus e di Brunori SaS e l’insufficienza piena del menestrello indie Dente. Nella guida all’ascolto che segue troverete ottimi debutti, brillanti conferme, un po’ di dischi mediocri e qualche lavoro che vi consigliamo di evitare. Leggete, approfondite, e venite a discutere nel nostro forum eventuali giudizi non condivisi.
Parte 1 • Parte 2

Junkfood
The Cold Summer of the Dead
Ha per titolo un verso tratto dalla poesia Novembre di Pascoli ed è stato registrato non a caso nei giorni delle feste di Halloween, Ognissanti e della commemorazione dei defunti. Queste le premesse per approcciarsi al secondo disco dei Junkfood. Oscurità e austerità come rotte principali del viaggio sonoro di questo combo strumentale artefice di una miscela ambient corposa che si nutre da interessanti venature avant-jazz e psichedeliche, creata mettendo insieme batteria, basso, chitarra con tromba o flicorno, ed ogni strumento acustico affiancato da un device elettronico per rielaborarne gli effetti (in tempo reale sul palco). Il disco propone un’amalgama di suoni che a volte si impone solenne, in altri momenti con mistero o angoscia, ed anche quando si placa, la calma conserva sempre l’inquietudine di una quiete pre o post catastrofe. Un ascolto avvincente. (Francesca Scozzarro)

March Division
Post Meridian Soul Ep
Non è un buon segno quando ascoltando dei brani questi ti scivolano nelle orecchie senza lasciare molto. Il giudice di un talent direbbe quell’odiosa frase: “Non mi sei arrivato”. I March Division nel synth pop/electro rock di questo ep ci mettono sicuramente entusiasmo, ma quando si gioca con i suoni digitali – che vivono con più difficoltà del calore e la personalità di chi li manipola rispetto agli analogici – bisogna usare la marcia giusta e non l’autopilot, per forgiare pezzi da far ricordare. Questi brani sono carini, allegri, ma di cose del genere in giro ce n’è a valanghe. È musica che vuol divertire ma non c’è un singolo motivetto che conquisti davvero. Mi spiace, “per adesso è no”(Francesca Scozzarro)

Melampus
N°7
L’arte del duo è quella di prendere le strutture della new wave e spogliarle, scarnificarle, riassemblandole poi in composizioni essenziali senza traccia di superfluo. L’eleganza è contemporanea e potente. Ci sono gli arrangiamenti più nudi, nei quali i Melampus lavorano con elementi grezzi che riescono ad elevare donandogli un’aura di charme e distinzione, senza alterarne l’essenza greve e autentica. Sono presenti poi ballate malinconiche nelle quali trovano spazio echi di suoni antichi, che sembrano walzer di fantasmi, sfilate di ombre. (Francesca Scozzarro)

Mentivo
Io sono la verità
Prodotto e registrato da Giacomo Fiorenza (Moltheni, Offlaga Disco Pax, Paolo Benvegnù) ed Andrea Suriani (I Cani, Gazebo Penguins) tra la Rokkaforte Records di Castiglion del Lago e l’Alpha Dept di Bologna, Io sono la verità è l’album d’esordio dei Mentivo. A Perugia, la loro città natale, questi tre ragazzi vengono definiti hard-cantautori per il tentativo di coniugare testi introspettivi e aperture melodiche con un costante e nervoso fluido elettrico. Un lavoro non privo di spunti interessanti, ma discontinuo, nel quale gli episodi migliori sono proprio quelli più propriamente rock, come il primo singolo estratto “Gli ex” e “Amore a tre”. (Alessio Dainelli)

Misère de la philosophie
Ka-Meh
Mix piuttosto originale quello proposto dai Misère de la philosophie, tra rimandi italiani agli Afterhours più oscuri, ai Diaframma per certi momenti vocali, fino a riferimenti internazionali come gli Horrors sulle note di organo. Inidirizzati all’intellettualismo – come si evince dal nome – cantano testi da poeti maledetti nei quali sono disegnati vari personaggi tendenti al limite della disperazione e preda del tormento. Ma a differenza di colleghi illustri che non nomineremo, il contenuto di questo disco si definisce tutt’altro che pesante e lontano dal patetico. Bravi. (Francesca Scozzarro)

Monica P
Tutto brucia
Secondo disco per la torinese Monica P. Per realizzarlo ha radunato intorno a sè una squadra di tutto rispetto a partire dai componenti della band Sacri Cuori che aggiungono dimensione e carattere alle composizioni della cantautrice con i loro arrangiamenti mai banali. D’altronde sono gli stessi che sotto il nome di Fatalist accompagnano Hugo Race nei suoi tour e non è dunque un caso se in “Come un cane” Monica duetta con Mr. Race himself (in italiano). A volte c’è un po’ di inconguenza tra la drammaticità dei testi ed il modo di interpretarli, a tratti manca un briciolo di carisma vocale in più nonostante il timbro particolare della cantante. La sperimentazione sottile e raffinata comunque è di buon livello e si apprezza soprattutto quando le atmosfere si fanno languide. (Francesca Scozzarro)

Non voglio che Clara
L'amore finchè dura
Trentacinque minuti di musica fuori dal tempo, dieci storie di vita quotidiana idealmente vicine le une alle altre, nate insieme, negli stessi luoghi e in un tempo contenuto, tutte incentrate sul tema dell’amore, visto come un sentimento che consuma e si consuma, per questo destinato prima o poi a spegnersi. Per raccontarle, Fabio Di Min utilizza i consueti toni in chiaroscuro, dipingendo istantanee al tempo stesso reali e metafisiche, permeate da quell’eleganza e da quell’algido disincanto di fondo che da sempre possono essere considerate il marchio di fabbrica della sua proposta. (Alessio Dainelli)

Nut
Babylon
Prova di maturità superata con ottimi voti per i Nut giunti al secondo disco. Non solo un lavoro di conferma ma una sfida vinta nel trovare un nuovo equilibrio in una formazione passata da tre a due elementi e nella scelta di adattare la propria identità musicale dalla lingua italiana all’inglese. Sette brani di forte impatto nei quali la band affonda con decisione le radici verso il progressive ed il metal sperimentale: imprevisti e sorprendenti nei loro sviluppi suggestivi tra poliritmie e doppie voci, stratificazioni e momenti di distensione. Musica densa, molta sostanza, un disco che si distacca dalla massa e regge bene il confronto anche ampliando il ventaglio dei riferimenti oltreconfine. (Francesca Scozzarro)

sin/cos
Parallelograms
Maolo Torreggiani possiede creatività e voglia di fare in quantità industriale, in cucina dietro i fornelli come in studio e sul palco con gli stumenti. Con i My Awesome Mixtape prima, con i Quakers and Mormons poi, ha cucinato ricette piuttosto riuscite. E’ invece un piatto insipido quello proposto sotto il moniker sin/cos, in duo con Vittorio Marchetti. Gli ingredienti sono interessanti – elettronica pop, soul e r’n’b – ma non regge il paragone con quello che ci arriva da oltreconfine (e nemmeno con cose nostre tipo M+A). La voce sempre effettata stanca, gli arrangiamenti non spiccano esattamente per originalità. L’ascolto è lungo e alla fine si resta con la fame. (Francesca Scozzarro)

Twinscapes
Twinscapes
Prendi Colin Edwin, bassista dei Porcupine Tree, aggiungi un po’ di David Jackson, sax dei gloriosi Van Der Graaf Generator, uniscili agli italianissimi Lorenzo Feliciati (altro bassista) e Roberto Gualdi (batteria), il tutto senza dimenticare il percussionista Andi Pupato e la special guest Nils Petter Molvær, musicista e compositore norvegese considerato un pioniere nella fusione del jazz con la musica elettronica. Cosa ottieni? Undici tracce dalle tinte scure formalmente impeccabili, che vorrebbero suonare suggestive, ma a conti fatti troppo scontate. Un ascolto certamente non sgradevole, ma del tutto prescindibile, nonostante i nomi coinvolti nel progetto. (Alessio Dainelli)

Vintage Violence
Senza Paura delle rovine
Il terzo album in studio dei Vintage Violence, band nata a Lecco nell’ormai lontano 2001, una lunga esperienza live al fianco di formazioni come Teatro Degli Orrori, Ministri e Vallanzaska, conferma in pieno le buone impressioni lasciate dalle precedenti fatiche. Se infatti è vero che lungo le tredici tracce che compongono il disco questi ragazzi inventano poco o nulla, è altrettanto innegabile che con il loro rumorosissimo ed esuberante power pop, suonato sempre con estrema perizia, riescono ad intrattenere e divertire come pochi, accompagnando il tutto con testi ironici e pungenti, molto meno banali di quanto a primo impatto potrebbe sembrare. (Alessio Dainelli)

We Are Waves
Labile
I torinesi We Are Waves mettono insieme influenze derivanti dalla new wave anni ’80 con quelle di stampo electro-rave di inizio millenio, ammorbidendo il tutto dentro rotondità di suono pop oriented. Tutto è molto attentamente confezionato, i suoni sono ben ripuliti, la voce ha il suo spazio nel quale si muove sicura e valorizzata. Non ci sono sbavature, non ci sono eccessi, tanto che l’alto grado di livellatura sfocia a tratti in asetticità. Il gruppo ha una formula collaudata, che gli appartiene e che riesce bene, ma se ogni tanto lo schema usuale fosse rotto, il risultato potrebbe essere meno prevedibile e più interessante. (Francesca Scozzarro)

Wemen
Albanian Paisley Underground
Eccolo dunque il debutto dei milanesi Wemen, band capitanata dal poliedrico Carlo Pastore. Dieci tracce contemporanee ed originali, melting pot di generi e scenari, dal rock inglese ai tocchi psichedelici, alle inclinature arabeggianti contrapposte a immaginari a stelle e strisce, ai subdoli richiami new wave. Molto tutto insieme, che sorprendentemente funziona alla grande ed in agilità, trainato dal predominio delle chitarre e dalle linee vocali facili da assimilare. Un album rock divertente, diverso da quel che si ascolta ultimamente in giro. Uno di quei dischi che scoppia in testa quando hai finito l’ascolto, che inizi a canticchiare all’improvviso senza nemmeno pensarci. Se questo succede può solo voler dire che i Wemen hanno colpito nel segno. Well done guys. (Francesca Scozzarro)

Werner
Down Below on your Own
Ritroviamo i Werner a quasi due anni di distanza dal debutto Oil Tries to be Water, ancora una volta intenti ad intrecciare le corde di chitarra con quelle del violoncello e quelle percosse del pianoforte e dunque a unire la musica da camera con il rock acustico. Down Below Your Own è un bel passo in avanti per il trio, che mantenendo la delicatezza e i toni velati di malinconia del precedente capitolo, sviluppano questa volta arrangiamenti più maturi che avvolgono l’ascoltatore con tutta l’elegante intensità che gli strumenti classici riescono ad esprimere. Il loro taglio stilistico è ora ben delineato e la personalità dei Werner si distacca con garbo dal vuoto di personalità che affligge molte delle proposte in ambito indipendente. Un lavoro che dimostra un gusto artistico coltivato e sensibilità non comune. (Francesca Scozzarro)

Zen Circus
Canzoni contro la natura
Ancora una volta i tre di Livorno, dimostrano di riuscire meglio di tutti a mettere insieme rock, pop e stilemi da canzone popolare, cantautorato e cultura busker senza risultare vecchi, senza ancorarsi troppo ai dettami di genere. La strada che li porta all’ottavo disco era già stata aperta con il precedente Nati per subire, che però risultava molto meno omogeneo rispetto a questo lavoro e carente d’ispirazione in alcuni punti. Gli spazi sembrano adesso essere stati appianati: Canzoni contro la natura è nel complesso un ascolto molto più livellato e coerente. (Francesca Scozzarro)
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Info
Report Made in Italy 09/03/2014 Parte 2
Legenda
Oro: disco chiave, impresincibile
Mercurio: a un passo dall'eccellenza
Argento vivo: brillante conferma
Rame: ottimo esordio
Antimonio: grande, inatteso ritorno
Zolfo: interessante, buono
Stagno: intorno alla sufficienza
Piombo: aurea mediocritas
Ferro: crosta, insufficiente
Disgustorama: pietra dello scandalo